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L’azienda Kalashnikov cerca 1.700 dipendenti: “Non riusciamo a coprire gli ordini di armi”

In tempi di crisi economica globale, alcuni settori sono in controtendenza e stanno aumentando a dismisura il loro fatturato. Non si tratta di aziende alimentari, o farmaceutiche o di pubblica utilità ma di…armamenti. Sembra paradossale, ma nonostante molte famiglie non abbiano neppure l’essenziale, alcuni “paperoni” spendono e spandono in armamenti.

Benché i compratori (singoli o governi che siano) preferiscano ovviamente non pubblicizzare i propri “acquisti”, quanto la vendita di armi sia in aumento lo si capisce anche da notizie come quella appena arrivata dalla Russia. L’Azienda Kalashnikov – che prende il nome dal suo fondatore famoso per aver costruito l’omonimo fucile d’assalto – ha annunciato la necessità di aumentare il proprio personale del 30% perché, spiegano dagli uffici di Mosca, “non riusciamo a coprire tutti gli ordini”.

La società che produce una delle armi più vendute al mondo (l’AK-47, chiamato semplicemente Kalashnikov), le sue numerosissime versioni successive (AKM, AK-74, AK-107/108…) nonché la mitraglietta leggera Rpk (nota come “mitragliatrice portatile Kalashnikov”) conta attualmente “solo” 5.500 dipendenti. Troppi pochi per tutte le richieste che arrivano da buona parte del globo sud-orientale. C’è infatti urgenza di assumerne altri 1.700 entro il 2017 al fine di coprire le richieste inevase dai clienti internazionali.

L’azienda moscovita cerca varie figure professionali, dagli ingegneri agli operai semplici. “In seguito alla crescita dei volumi di produzione, che è stata sostenuta dall’aumento del numero di commesse dall’estero – ha spiegato l’amministratore delegato del gruppo – è stato deciso di aumentare il numero degli addetti e, per qualche mese, farli lavorare in tre turni non stop”. Se l’ingegner Kalashnikov fosse ancora in vita (è morto nel 2003 a 94 anni), forse si rallegrerebbe nel sapere che il suo fucile inventato nel ’47 dal letto di un ospedale militare è ancora tra i più utilizzati al mondo. Per milioni di persone, però, questo significa solo una cosa: guerra.

Milena Castigli

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