“Nessuno studente dovrebbe essere sottoposto a indottrinamento religioso” e “la scuola dovrebbe essere caratterizzata dai valori e principi contenuti nella Costituzione”. Con queste argomentazioni il Partito socialdemocratico svedese, che attualmente guida un governo di minoranza, ha lanciato in vista delle elezioni di settembre la proposta di abolire le scuole di ispirazione religiosa.
Annunciato in conferenza stampa da Ardalan Shekarabi, attuale ministro della Pubblica amministrazione, il progetto è finalizzato a “sconfiggere e abbattere il muro della segregazione nelle nostre scuole”. Il ministro ha quindi aggiunto: “Troppe volte vediamo che esistono istituti dove le femmine sono separate dai maschi e vengono insegnati valori che non sono quelli svedesi”.
Il riferimento di Shekarabi non è, evidentemente, alle scuole cristiane, nelle quali non si registrano separazioni degli alunni in base al sesso. La questione riguarda, semmai, le scuole islamiche, che tuttavia ad oggi sono soltanto undici in tutto il Paese. Resta allora incomprensibile il motivo per cui il Partito socialdemocratico, per risolvere un problema riscontrato in un numero così esiguo di scuole, voglia chiudere tutte quelle di ispirazione religiosa. Le scuole cristiane in Svezia sono 59. “Nelle nostre scuole, sono gli insegnanti e i presidi che devono prendere le decisioni, non i preti o gli imam“, ha proseguito il ministro.
Immediata la reazione dell’ufficio di presidenza del Consiglio delle Chiese sul sito del quotidiano Svenska Dagbladet. “Ricacciare la religione al privato e pensare uno spazio pubblico libero dalla religione porta a una sorta di cecità collettiva”. Nell'articolo si rileva che l'1% degli alunni frequenta scuole d'ispirazione religiose e che le attività “religiose sono volontarie e si svolgono al di fuori degli orari previsti”. Nessun indottrinamento dunque, anche perché funzionari statali compiono controlli periodicamente. “Le mancanze dovrebbero essere affrontate con richieste di miglioramento, non proibendo un intero modello scolastico”, spiegano dal Consiglio delle Chiese. Del resto – sottolineano – “una società democratica e pluralista dev’essere organizzata nel rispetto della libertà di opinione e di religione dei cittadini, compresa l’istruzione e la formazione”.
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