Bocciato

Coronavirus, risarcimento negato ai passeggeri della Grand Princess

Nessun risarcimento per i passeggeri della nave da crociera Grand Princess della Carnival. A marzo, ricostruisce Giovanni D’Agata presidente dello “Sportello dei Diritti” alla Grand Princess e ai suoi 2.400 passeggeri fu negato l’ingresso a San Francisco dopo l’esplosione di un focolaio a bordo della nave di Covid-19. Quasi una settimana dopo, l’armatore organizzò l’attracco della nave a Oakland, in California, e i passeggeri furono messi in quarantena.

Paura del contagio

I coniugi Weissberger furono i primi a fare causa all’azienda Carnival chiedendo oltre 1 milione di dollari di risarcimento per danni. Avevano citato in giudizio l’armatore ritenendo che gli “stati di angoscia emotiva” causati dalla paura di essere esposti al Coronavirus fosse da imputare alla compagnia. Alla richiesta dei coniugi Weissberger, si sono unite nel corso delle settimane diversi altri ex passeggeri.

Il “No” del tribunale

Ma il Tribunale federale americano, in composizione monocratica, ha respinto le loro azioni. Secondo il giudice Gary Klausner, del tribunale di Los Angeles, “nel caso di specie non vi sono elementi probatori che consentano di poter affermare che l’incidente sia stato causato da inadempienze o condotte omissiva da parte della Compagnia”. Inoltre, consentire l’apertura di un simile contenzioso “porterebbe a un’inondazione di cause banali”. Il giudice ha aggiunto nella sentenza che “consentire ai passeggeri di ottenere un risarcimento basato solo sul timore di una potenziale esposizione al virus, in assenza di sintomi, solleverebbe preoccupazioni a proposito delle responsabilità a carico di ristoranti, bar e altri luoghi in cui si riuniscono le persone”. Nessuna prova, insomma, che la compagnia abbia effettivamente esposto al pericolo di un contagio i passeggeri. E la sola paura non vale il risarcimento.

L’accusa ricorrerà in appello

Non è concorde col giudizio della giuria l’avvocato Debi Chalik, che ha già annunciato appello. “La compagnia, dice Chalik, sapeva che il virus era potenzialmente presente sulla sua nave. Se una palestra o un ristorante invitano le persone a entrare quando sanno che il virus è in circolo, penso che dovresti avere il diritto di fare causa a quelle aziende”, ha detto. Il gruppo Carnival, proprietario della Grand Princess, non ha ancora commentato la sentenza. Ma sicuramente non farà sonni tranquilli: un eventuale risarcimento danni costerebbe all’armatore milioni di dollari.

Milena Castigli

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