Attualità

Migranti, il rapporto di Save the Children: “Non possiamo girarci dall’altra parte”

Sono dati agghiaccianti quelli che emergono dal rapporto di Save The Children sui dati dell’Organizzazione internazionale per le Migrazioni. Sono “oltre 1.15 i morti ei dispersi da gennaio ai primi di novembre di quest’anno nel Mediterraneo centrale nel tentativo di raggiungere l’Europa e 28.600 migranti intercettati in mare e riportati indietro della Guardia Costiera libica”. Una fotografia che arriva nella giornata internazionale per i diritti dei migranti. “Non possiamo girarci dall’altra parte davanti alle politiche disumane di un’Europa che ai suoi confini ignora le sofferenze di uomini, donne, bambine e bambini”, afferma Raffaella Milano, direttrice dei programmi Italia-Europa di Save the Children.

Quei bambini morti travolti dalle acque

Save the Children punta i riflettori su quei “bambini morti travolti dalle acque mentre tentavano di attraversare un fiume tra la Croazia e la Slovenia o di fame e di freddo nella foresta al confine tra Bielorussia e Polonia“, sui “ragazzi e le ragazze, respinti decine di volte, in modo spesso brutale e illegale, nonostante la minore età, vittime e testimoni di atrocità lungo la rotta balcanica o detenuti e sottoposti a violenza in Bulgaria. Uomini, donne e bambini, fuggiti da guerre, conflitti, povertà estrema, nel miraggio di un futuro di pace, che hanno attraversato Paesi e continenti per trovare solo confini blindati da muri e fili spinati, tenuti lontani da cannoni ad acqua, granate stordenti e gas lacrimogeni”.

Sono solo “rei di cercare un futuro possibile e di pace per sé e per i propri cari – prosegue Raffaella Milano -. Vogliamo dire con fermezza da che parte stiamo e cosa non vogliamo. Non vogliamo che la vita dei bambini e delle loro famiglie venga utilizzata come merce di scambio e non vogliamo neanche un’Europa dove violenze, abusi e morti siano considerati danni collaterali e dove la difesa di un confine abbia la prevalenza sulla protezione anche di un solo essere umano”. L’organizzazione, quindi, “sollecita l’Ue e i suoi Stati membri a rispettare gli obblighi legali europei e internazionali, agendo immediatamente per permettere alle persone di richiedere protezione internazionale in Europa, fornire loro supporto e assistenza, anche attraverso le organizzazioni della società civile, e porre fine ai respingimenti alle frontiere, consentendo l’accesso alle procedure per ottenere protezione internazionale e garantendo cure adeguate a tutti i bambini”.

Manuela Petrini

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