Quasi 20 miliardi in un anno: questo il business potenziale delle ecomafie, nel dossier annuale di Legambiente. Dal 1995, il giro d’affari è stato di 419.2 mld, distribuito fra 371 clan mafiosi italiani.
Nel dettaglio, scrive Legambiente, nel 2019 aumentano i reati contro l’ambiente: sono 34.648 quelli accertati, alla media di 4 ogni ora, con un incremento del +23.1% rispetto al 2018.
Il ciclo del cemento è al primo posto fra le attività ecocriminali, con 11.484 casi denunciati (+74,6% rispetto al 2018). Segue il ciclo di rifiuti, con 9.527 casi (+10,9% rispetto al 2018).
La Campania è, come sempre, in testa alle classifiche, con 5.549 reati contro l’ambiente, seguita nel 2019 da Puglia, Sicilia e Calabria. In queste quattro regioni si concentra il 44,4% degli illeciti ambientali accertati. È questa la fotografia scattata dal Rapporto Ecomafia 2020 di Legambiente, presentato stamani. La Lombardia, da sola, con 88 ordinanze di custodia cautelare, colleziona più arresti per reati ambientali di Campania, Puglia, Calabria e Sicilia messe insieme, che si fermano a 86.
Da segnalare anche l‘impennata dei reati contro la fauna, 8.088, (+10,9% rispetto al 2018) e quelli connessi agli incendi boschivi, con 3.916 illeciti (+92,5% rispetto al 2018).
Il business potenziale complessivo dell’ecomafia è stimato in 19,9 miliardi di euro per il solo 2019. Dal 1995 a oggi ha toccato quota 419.2 miliardi di euro. A spartirsi la torta, insieme ad imprenditori, funzionari e amministratori pubblici collusi, sono stati 371 clan (3 in più rispetto all’anno prima), attivi in tutte le filiere: dal ciclo del cemento a quello dei rifiuti, dai traffici di animali fino allo sfruttamento delle energie rinnovabili e alla distorsione dell’economia circolare.
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