Più di 700 i detenuti al 41bis. Troppi secondo il Garante delle persone private della libertà, che nel suo Rapporto su questo regime detentivo speciale, stilato all’esito di visite compiute nelle carceri, chiede se non sia possibile una loro riduzione, destinandoli all’Alta sicurezza.
Le visite hanno fatto emergere “criticità” sul piano del diritto alla finalità rieducativa della pena, e il Garante chiede un complesso di interventi: via le “misure restrittive non strettamente funzionali” agli scopi del 41 bis, abolizione delle Aree riservate, riconfigurazione degli ambienti, alfabetizzazione e libri elettronici per i detenuti.
Sono 740, tra cui 12 donne, distribuite in 60 sezioni all’interno di 12 Istituti le persone sottoposte al regime detentivo speciale del 41 bis. Una cifra rimasta più o mena invariata nel corso dell’ultimo decennio.
La maggior parte di loro (613) ha una condanna definitiva, ma 121 sono esclusivamente in misura cautelare e 6 sono internate in misura di sicurezza in una struttura definita come “Casa di lavoro”. E’ quanto emerge dal Rapporto del Garante delle persone private della libertà, presentato oggi in una conferenza stampa.
La gran parte dei detenuti al 41Bis ha un’età compresa tra i 60 e i 69 anni (234) e tra i 50 e i 59 anni (158), ma 87 hanno superato i 70 anni. Ed è il carcere dell’Aquila quello con la maggiore concentrazione di detenuti al 41 bis: sono 150. Seguono Milano Opera con 96 detenuti, Sassari-Bancali con 88, Spoleto con 81.
Quanto alle pene definitive, 204 sono condannati all’ergastolo e 250 sono condannati a pena temporanea. Un dato che evidenzia il fatto che un numero consistente di persone (nello scorso anno 28) rimane in regime speciale fino all’ultimo giorno di esecuzione della propria pena temporanea. Si tratta di una situazione ritenuta particolarmente critica dal Garante nazionale innanzitutto sotto il profilo della sensatezza, sotto quello della progressione che la finalità tendenziale della pena richiede verso il ritorno all’esterno e sotto quello della sicurezza della collettività a cui viene riconsegnata una persona di cui scarsamente sono stati appresi elementi relativi alla capacità di reintegrazione.
In tema di 41 bis, va mantenuta “sempre alta” l’osservazione sull’evolversi della persona detenuta e dei suoi legami con le organizzazioni. Altrimenti, vi è il rischio che il rinnovo della misura a carico di singole persone finisca implicitamente col riferirsi soltanto al reato ‘iniziale’ per cui la persona è stata condannata e alla persistente esistenza sul territorio dell’organizzazione criminale all’interno del quale il reato è stato realizzato. Due elementi che disattenderebbero così le prescrizioni di attualizzazione delle particolari esigenze custodiali espresse costantemente dalla Corte costituzionale”. E’ quanto sottolinea il Garante delle persone private della libertà nel suo Rapporto sul 41 bis.
Fonte: Ansa
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