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Sulla Stazione Spaziale si studiano i batteri mutanti per creare un super antibiotico

Sulla Stazione Spaziale Internazionale (Iss) si studiano i mutanti. Non si tratta dell’ultimo capitolo della saga degli “X-Men”, ma di un progetto scientifico che permetterà di studiare i batteri che in assenza di gravità modificano più rapidamente alcuni tratti del loro materiale genetico.

Nello specifico, lo studio permetterà di comprendere il meccanismo che sulla Terra rende lo stafilococco resistente ai farmaci. Il progetto è condotto dalla Nasa in collaborazione con l’università di Boulder con l’obiettivo di mettere a punto antibiotici più efficaci contro i batteri super resistenti ai farmaci. L’antibiotico-resistenza è infatti, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), una delle minacce più serie alla salute pubblica globale. Per questo la compagnia Usa, grazie alla Nasa, ha inviato i campioni di Staphylococcus a bordo dell’ultima missione di rifornimento della Iss, la SpaceX-10.

“Alcuni dati suggeriscono che la condizione di microgravità aumenta il tasso di mutazione, ma ancora – spiega Anita Goel, coordinatrice del progetto – non ne conosciamo i meccanismi, né quale ruolo giochi il particolare ambiente spaziale”.

Lo studio sarà diviso in due parti: la prima sarà fatta servendosi di uno strumento capace di analizzare il Dna e l’Rna, un sequenziatore che lavora in tempo reale in grado di far avere i risultati direttamente nello spazio e di inviare a Terra solo i dati. Le mutazioni che subiranno in condizioni di microgravità, dovranno essere confrontate con quelle che avvengono sulla Terra per comprenderne la natura.

Nella seconda fase, si svilupperà l’algoritmo capace di prevedere in anticipo le mutazioni che portano alla resistenza agli antibiotici che servirà a determinare la terapia adatta ad una particolare infezione con antibiotici più efficaci.

“In futuro – si legge sul sito dell’Asi, l’agenzia spaziale italiana – questi esperimenti potranno consentire la messa a punto di appositi kit, per permettere agli astronauti di effettuare le analisi genetiche direttamente in loco. Per esempio, su eventuali campioni marziani, in cerca di possibili tracce di vita”.

Milena Castigli

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