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LA GUERRA DEI VELENI

“I muscoli si paralizzano, i polmoni collassano. Non ho mai visto nessuno morire in un modo più atroce”. La dottoressa Annie Sparrow è una pediatra che collabora da anni con la Syrian American Medical Society, un’associazione no profit che dal 2007 si occupa di portare assistenza sanitaria in Siria e in tutte le zone limitrofe colpite dalla guerra. Come lei centinaia di medici e infermieri volontari accolgono nella loro struttura ospedaliera migliaia di siriani vittime di attacchi chimici. “La comunità internazionale continua a mandarci antidoti. Il mondo sa perfettamente che le armi chimiche continueranno a essere usate. Ancora e ancora”.

E’ proprio grazie ai volontari della Sams che è stato possibile redigere il rapporto “A new normal: ongoing chemical weapons attacks in Syria”, 63 pagine che mostrano i numeri di una nuova emergenza umanitaria, quella degli attacchi con armi non convenzionali, gas e veleni. Gli operatori della Sams hanno raccolto centinaia di testimonianze, racconti di uomini, donne e bambini arrivati nella clinica con evidenti segni di intossicazione. Per molti, purtroppo, nessuna storia da raccontare: i loro corpi senza vita hanno parlato per loro.

A oggi sono stati 161 gli attacchi chimici dall’inizio del conflitto in Siria, ma la Sams ne conta circa 133 in più, casi non confermati ma riconducibili ad armi chimiche. Nel 2015, si legge nel rapporto, c’è stato un forte incremento nell’uso di gas nervino e gas cloro, ben 69 attacchi contro i 55 dell’anno precedente. Dall’inizio della guerra circa 14 mila siriani sono stati esposti a sostanze tossiche e di questi 1491 sono deceduti.

“Dall’estate del 2015 sono aumentati non solo i tipi di agenti chimici utilizzati, ma anche gli attori che usano questo tipo di attacchi”, spiegano i volontari della Sams riferendosi, in particolare, allo Stato Islamico. L’Isis avrebbe iniziato a servirsi del gas mostarda – così chiamato a causa del forte odore che emana – e del gas cloro come “normali” armi da utilizzare sulla popolazione inerme. Il massimo risultato con il minimo sforzo. In questo modo migliaia di persone sono costrette a scappare, lasciando liberi i territori che interessano al Califfato.

Il gas cloro è una sostanza meno aggressiva del Sarin – il cui uso è stato ufficialmente proibito anche in Siria dopo che il governo di Assad ha aderito alla Convenzione sulle armi chimiche nel 2013 -, ma è comunque altrettanto pericoloso. Questo gas è utilizzato per vari scopi civili, come la sanificazione delle acque, pertanto la sua produzione non è stata bloccata, né posta sotto controllo della Convenzione. Tuttavia, se utilizzato come arma chimica diventa un potente veleno, che in casi estremi porta alla morte per soffocamento.

Uno schiaffo alla dignità umana, a un popolo già piegato da un conflitto che dura da tanto, troppo tempo. Le armi chimiche sono potentissime e non si limitano a intossicare i polmoni: il Sarin, ad esempio, è in grado di attraversare la pelle, corrodendola. I gas, inoltre, colpiscono il sistema nervoso e causano una perdita progressiva del controllo delle funzioni corporee fino ad arrivare a uno stato comatoso che porta, lentamente, alla morte.

Purtroppo, chi sopravvive a un attacco chimico non smette mai di soffrire. Oltre ai danni fisici molti reduci vivono costantemente con il terrore che da un momento all’altro possa scatenarsi un altro attacco: “in tanti hanno visto morire soffocati i propri cari ”, spiega la dottoressa Sparrow. La maggior parte di loro deve fare i conti con attacchi di panico, depressione, continui flashback e crisi epilettiche.

“Considerando la portata di questi attacchi, è davvero incredibile che il Consiglio di Sicurezza dell’Onu non abbia ancora intrapreso misure più severe per intervenire e fermare questo massacro”. È quasi incredulo il professor Mahmoud Cherif Bassiouni, esperto di crimini di guerra delle Nazioni Unite. “Quanto dovranno essere sfacciati gli attacchi contro i civili affinché la comunità internazionale si decida a fare qualcosa?”.

Laura Carbonetti

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