Addio zecche, pulci e soprattutto fastidiosissimi pidocchi. Ben un terzo di tutti i parassiti terrestri, infatti, è a rischio estinzione a causa dei cambiamenti climatici entro i prossimi 50 anni.
Non si tratta però di una buona notizia, come apparentemente verrebbe da pensare. Per quanto fastidiosi e spesso veicoli di malattie, i parassiti ricoprono un ruolo fondamentale nell’ecosistema. Fanno anche loro parte di quel “tutto” che lega esseri viventi (e non) in un delicato equilibrio.
L’allarme arriva da uno studio condotto dall’Istituto Smithsonian che ha creato la prima “Lista Rossa” disponibile online delle specie di parassiti a rischio estinzione. Lista e dati sono stati poi pubblicati sulla rivista Science Advances. Gli organismi parassiti, spiegano i ricercatori, hanno cicli di vita molto complessi che implicano il bisogno di più specie “ospiti” su cui proliferare. Ecco perché la loro diversità viene considerata un segno di ecosistemi in salute.
Molti parassiti dell’uomo o di altri ospiti sono organismi costituiti da una sola cellula; per lo più si tratta di Protozoi, tra cui l’ameba, la leishmania, il tripanosoma, il toxoplasma, il plasmodio della malaria. Altre volte sono organismi pluricellulari e la loro presenza nell’organismo si chiama infestazione. Alcuni (soprattutto i vermi o elminti) sono in grado di installarsi nelle cavità dell’organismo che comunicano con l’esterno, per esempio stomaco, intestino e vescica, oppure sulla superficie corporea. Tra questi ricordiamo molte specie di acari e vari insetti, quali i pidocchi e le pulci.
Benché fastidiosi e portatori di malattie per uomo, dunque, hanno un ruolo ben preciso, spiegano gli scienziati su Ansa: aiutano a controllare le popolazioni di fauna selvatica e a mantenere l’energia che “viaggia” nelle catene alimentari.
L’analisi effettuata su 457 specie non ha dato risultati incoraggianti. Nel peggiore scenario possibile, quello “catastrofico” dal punto di vista climatico, è infatti emerso che oltre un terzo si estinguerà entro il 2070, fra poco più di cinquant’anni. Ma non va molto meglio considerando invece il migliore dei casi possibile. Il modello più ottimista prevede comunque una perdita del 10% dei parassiti globali.
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