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Conferenza a Lione sulla valorizzazione del capitale umano

I “Campioni della migrazione” sono quei cittadini extracomunitari – ma anche europei – che vivono e lavorano in un Paese differente da quello in cui sono nati, e che “vantano” titoli quali diploma, laurea o competenze particolari capaci di poter dare un contributo fondamentale all’economia e alla società dei paesi che li ospitano. Ed è a loro che l’agenzia europea Euromed, a Lione, ha dedicato un’intera conferenza stampa. Si è discusso attorno al contributo che questo “capitale umano” potrebbe portare alla società e ai modi in cui si potrebbero utilizzare le sue risorse in maniera vantaggiosa.

“E’ necessario parlare della migrazione in accezione positiva – ha affermato in un intervento la scrittrice belga di origine marocchina Rachida Lamrabet – come qualcosa che dà un contributo positivo alle società. Oggi, invece, è percepita spesso come una minaccia per la società, perché nella mentalità di molti la migrazione significa un cambiamento ‘brutale’, uno scatenante di caos e disordine, una sfida allo status quo. Ma non è così, perché la nostra capacità di vivere la diversità ed affrontare il cambiamento potrebbe fare il successo di una società”.

Alla conferenza si è anche discusso di come la migrazione, se ben affrontata, possa addirittura portare a una sorta di “doppia appartenenza”. E di questo ha parlato Khady Sakho, la presidente del Forum internazionale prodotto della migrazione (Forim), nato in Francia nel 2002 con l’obiettivo di coordinare reti, associazioni e gruppi impegnati in attività sull’integrazione e riunito oggi in circa 700 realtà attive in Africa Subsahariana, nel Maghreb, nel Sudest asiatico e nei Caraibi. “Forim mostra un’immagine specifica della vita associativa dei migranti e mette in evidenza i lati positivi della doppia appartenenza, dando un contributo alla società francese e stabilendo, allo stesso tempo, una partnership durevole con i territori d’origine, sia in materia economica che di trasferimento delle competenze tecniche e tecnologiche”.
Un simile approccio, secondo i relatori, potrebbe arricchire non solo il paese ospitante, ma anche quello di appartenenza dello stesso migrante. E su questa linea si è dato vita a una serie di cosiddetti “network di influenza”, agenzie che si occupano di mettere in collegamento i cittadini residenti all’estero con il proprio Stato, aiutandone la promozione. Esperimenti del genere sono ad esempio il Consiglio della diaspora portoghese o l’agenzia Connect Ireland.
Secondo i relatori della conferenza, sullo sfondo delle numerose iniziative portate avanti in questo senso c’è un vero e proprio cambio di mentalità: non vedere più le migrazioni come un fardello, ma come un vero e proprio “scambio di cervelli”, da cui ognuno, anche il paese “abbandonato”, può trarre vantaggio.

Giulia Capozzi

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