“I sequestri ai cronisti devono essere l'extrema ratio”

Thomas Jefferson, terzo presidente degli Stati Uniti e padre fondatore della principale democrazia del mondo, sosteneva che “dove la stampa è libera e tutti sanno leggere, non ci sono pericoli”.

Proporzione

L'articolo 21 della Costituzione italiana garantisce a tutti il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure. “Si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell'autorità giudiziaria nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione delle norme che la legge stessa prescriva per l'indicazione dei responsabili“, chiarisce la legge fondamentale dello Stato. Ora il tribunale di Bari ha ribadito un importante principio. La perquisizione e il sequestro nei confronti dei giornalisti “devono rappresentare la extrema ratio cui ricorrere per poter conseguire la prova necessaria per perseguire un reato”. E, comunque, è necessario valutare con particolare rigore la “proporzione” tra il contenuto del provvedimento dell'autorità giudiziaria e le esigenze di accertamento dei fatti, poiché “solo in tal modo si può assicurare che l'attività investigativa sia condotta in modo da non compromettere il diritto del giornalisti alla riservatezza della propria corrispondenza e delle proprie fonti”.

 

Tutela delle fonti

 

Con queste motivazioni, il tribunale di Bari ha ordinato la distruzione della copia di tutti i dati non inerenti al motivo del sequestro e non riferibili al periodo per il quale si indagava ottenuti con l'estrazione dell'archivio del cellulare di un giornalista al quale la procura aveva sequestrato l'apparecchio alla ricerca di pubblici ufficiali infedeli che avrebbero potuto rivelare notizie coperte da segreto. “Una sentenza che ribadisce, ancora una volta, l'importanza che riveste non solo per i cronisti, ma per la stessa libertà di stampa, la tutela delle fonti e il rispetto del segreto professionale dei giornalisti, il cui dovere, giova ricordarlo, è quello di dare le notizie di cui vengono a conoscenza”, sottolineano il segretario della Federazione nazionale della Stampa italiana, Raffaele Lorusso, e il presidente l'Associazione della Stampa di Puglia, Bepi Martellotta.

Accertamento

Il sindacato dei giornalisti ritiene inoltre anomalo, pur nel rispetto dell'attività inquirente decisa dalla procura, che a seguito del sequestro siano state sottoposte a verifica anche le telefonate intercorse tra giornalisti impegnati nella cronaca giudiziaria, una sorta di intercettazione “a strascico” che “non può non lasciare basito chi crede fermamente nell'articolo 21 della Costituzione”. La clonazione dell'intera memoria del cellulare del giornalista, specifica l'ordinanza, “pur teoricamente funzionale all'accertamento degli autori della illecita divulgazione è attività processuale che va dichiarata illegittima, non essendo stata fornita, né risulta oggettivamente, alcuna specifica indicazione per ritenere che l'acquisizione del materiale sia strettamente necessaria per l'accertamento dello specifico fatto oggetto di indagine”. Senza contare, evidenziano i giudici, le intrusioni nella sfera “personalissima” del giornalista, sul versante della privacy oltre che del segreto professionale. Il tribunale del Riesame di Bari ha accolto parzialmente il ricorso presentato dagli avvocati contro il provvedimento di sequestro emesso il 10 ottobre dalla procura di Bari, che indaga sulla presunta fuga di notizie relativa a una indagine.