«Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro»
«Omnĭa ergo, quaecumque vultis ut facĭant vobis homĭnes, ita et vos facĭte eis»
XII Settimana del Tempo Ordinario – Mt 7,6.12-14
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non date le cose sante ai cani e non gettate le vostre perle davanti ai porci, perché non le calpestino con le loro zampe e poi si voltino per sbranarvi. […] Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la Legge e i Profeti. Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che vi entrano. Quanto stretta è la porta e angusta la via che conduce alla vita, e pochi sono quelli che la trovano!».
«Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro»: è la legge aurea, sintesi del discorso della montagna nel Vangelo di Matteo (Mt 5-7). Come intenderla? La si può interpretare quale espressione di un principio di uguaglianza. Non a caso, Immanuel Kant, massimo filosofo dell’illuminismo – di quel movimento di pensiero cioè fondato sulla fede nella dea Ragione, dalla quale sarebbero stati ricavati i tre principi della Rivoluzione Francese: libertà, fraternità e, appunto, uguaglianza – Kant, dicevamo, riformulò questa massima in forma filosofica, affermando che l’imperativo categorico, cui ogni uomo, in quanto razionale, riconosce di dover obbedire, è di agire «come se la massima della tua azione dovesse essere elevata dalla tua volontà a legge universale della natura»: quindi comportarsi con gli altri nello stesso modo in cui anche gli altri dovrebbero comportarsi con noi.
Ora, però, l’imperativo di Gesù è di fare agli altri quello che vorremmo fosse fatto anche a noi: non è sottolineata tanto l’importanza dell’uguaglianza, quanto piuttosto l’esigenza di volgere l’attenzione (di con-vertirsi!) dai nostri bisogni a quelli del prossimo. Per la società edonistica nella quale viviamo, l’essenziale è soddisfare i propri bisogni: fisici, emotivi, spirituali. È la porta larga e la via spaziosa che non mantiene quanto promette: fa credere che nel soddisfacimento delle proprie esigenze ciascuno trovi sé stesso; ed invece proprio così piuttosto si perde: concentrato e ripiegato su di sé, resta schiavo del proprio piccolo io, tanto più famelico quanto più soddisfatto, buco nero che tutto fagocita, che nulla può saziare e al quale nulla può fornire consistenza e stabilità. Gesù invita a volgere lo sguardo dai bisogni propri a quelli altrui: è la porta stretta e la via angusta, perché contraria all’istinto di peccato comune a tutti. Tuttavia conduce alla vita: troviamo noi stessi lavando i piedi del prossimo (Gv 13, 5), perché veniamo alla luce ed esistiamo solo se diamo alla luce e generiamo vita; affermiamo noi stessi sprecandoci per gli altri, perché siamo solo effondendoci come profumo (Mt 26,7-8); raggiungiamo la maturità e l’autonomia solamente prendendoci cura della carne altrui, perché siamo fatti per divenire un solo corpo con loro (Gv 17,20-23).
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