«Il chicco di grano, caduto in terra»
«Granum frumenti cadens in terram»
Festa di San Lorenzo Diacono e Martire – Gv 12,24-26
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna. Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore. Se uno serve me, il Padre lo onorerà».
Il seme forse è la più bella immagine che si possa trovare dell’uomo. Piccolo ed insignificante di dimensione, debole ed inerme di forza: non è tale anche l’uomo? Vermiciattolo di Giacobbe sulla terra (Is 41,14), granello di polvere nell’universo (Gn 3,19). Eppure ogni chicco porta dentro di sé un’energia vitale stupefacente: ha la potenzialità di trasformarsi in pianta, perfino in maestoso albero (Mc 4,32), di fiorire in colori e forme meravigliose, di produrre frutti buoni da mangiare (Sal 1,3). Anche gli uomini, pur con le loro ombre e fragilità, sono capaci di opere portentose: di scienza e di intelligenza, di arte e di bellezza, di amore e di generosità.
Certo, possono abbassarsi alle azioni più bieche, macchiarsi di vergogna ed efferatezze; ma sono in grado altresì di diffondere vita e luce intorno a sé, di trasformare i prati in giardino, di riempire l’aria di canti e risate. Davvero l’uomo è ad immagine di Dio (Gn 1,27): come Dio è Padre e Creatore, così anche l’uomo è capace di generazione. Essere, per l’uno come per l’altro, è generare: vita e cultura, bellezza e gioia.
La potenza generatrice insita nel seme, dunque, è quel che rende questo simbolo un’immagine tanto adeguata per dire l’uomo. Ora, però, il seme per germogliare, crescere e fruttificare, deve cadere in terra e morire: così anche l’uomo. Per generare e fiorire, deve cadere nella terra: deve incarnarsi, determinarsi, legarsi ad un luogo e ad un tempo definiti; e deve morire: accettare di spendersi e sprecarsi, di offrirsi e dimenticarsi.
La sapienza del seme è la stessa del vangelo: non nel piacere e nella soddisfazione dei propri bisogni si trova vita, non nel possesso né nel dominio, bensì nell’obbedienza e nella fedeltà, nel dono e nel servizio. Perché la vita è possibile conservarla solamente amando: ci si trova avendo il proprio baricentro non in sé stessi, ma negli altri; si cammina nella misura in cui si è sbilanciati in avanti, fuori di sé; vediamo tanto quanto riflettiamo la luce; respiriamo, se accettiamo di (e)spirare dopo ogni i(n)spirazione.
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