Fatele fruttare fino al mio ritorno

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«Fatele fruttare fino al mio ritorno» «Negotiamĭni, dum venĭo»

Mercoledì 18 novembre – XXXIII settimana del tempo ordinario – Lc 19, 11-28

In quel tempo, Gesù disse una parabola, perché era vicino a Gerusalemme ed essi pensavano che il regno di Dio dovesse manifestarsi da un momento all’altro. Disse dunque: «Un uomo di nobile famiglia partì per un paese lontano, per ricevere il titolo di re e poi ritornare. Chiamati dieci dei suoi servi, consegnò loro dieci monete d’oro, dicendo: “Fatele fruttare fino al mio ritorno”. Ma i suoi cittadini lo odiavano e mandarono dietro di lui una delegazione a dire: “Non vogliamo che costui venga a regnare su di noi”. Dopo aver ricevuto il titolo di re, egli ritornò e fece chiamare quei servi a cui aveva consegnato il denaro, per sapere quanto ciascuno avesse guadagnato. Si presentò il primo e disse: “Signore, la tua moneta d’oro ne ha fruttate dieci”. Gli disse: “Bene, servo buono! Poiché ti sei mostrato fedele nel poco, ricevi il potere sopra dieci città”. Poi si presentò il secondo e disse: “Signore, la tua moneta d’oro ne ha fruttate cinque”. Anche a questo disse: “Tu pure sarai a capo di cinque città”. Venne poi anche un altro e disse: “Signore, ecco la tua moneta d’oro, che ho tenuto nascosta in un fazzoletto; avevo paura di te, che sei un uomo severo: prendi quello che non hai messo in deposito e mieti quello che non hai seminato”. Gli rispose: “Dalle tue stesse parole ti giudico, servo malvagio! Sapevi che sono un uomo severo, che prendo quello che non ho messo in deposito e mieto quello che non ho seminato: perché allora non hai consegnato il mio denaro a una banca? Al mio ritorno l’avrei riscosso con gli interessi”. Disse poi ai presenti: “Toglietegli la moneta d’oro e datela a colui che ne ha dieci”. Gli risposero: “Signore, ne ha già dieci!”. “Io vi dico: A chi ha, sarà dato; invece a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha. E quei miei nemici, che non volevano che io diventassi loro re, conduceteli qui e uccideteli davanti a me”». Dette queste cose, Gesù camminava davanti a tutti salendo verso Gerusalemme.

Il commento di Massimiliano Zupi

Il Vangelo di oggi è apparentemente in sintonia con l’etica capitalista: nostro dovere è far fruttare il denaro, investirlo ed accrescerlo. Del resto, il re rimprovera il terzo servo per non aver affidato la sua moneta d’oro alla banca, così che potesse riscuoterla con gli interessi. Infine, tra l’indignazione dei presenti, ordina di togliere la moneta al servo malvagio e di darla a colui che ne aveva già dieci: Gesù sembrerebbe legittimare il fatto che i ricchi diventino sempre più ricchi e potenti; quel che avviene oggi emblematicamente nel calcio professionistico, dove le squadre più ricche sono le più forti, così che vincono e guadagnano premi che le rendono ancora più ricche e forti, in un circolo che ha ben poco di virtuoso.

Ora, però, è evidente che la moneta d’oro affidataci non è il denaro: è piuttosto l’amore di Dio per gli uomini, il suo corpo ed il suo sangue offerto per noi. Le banche allora non sono gli usurai, ma il prossimo ed i poveri per i quali spendere a nostra volta il proprio corpo ed il proprio sangue. E la legge secondo la quale a chi ha sarà ulteriormente dato, riflette la logica dell’amore: chi si dona si possiede, chi si perde si trova (Lc 9,24), chi spende le proprie energie per amare ne riceve il centuplo (Mt 19,29), perché entra nella vita stessa di Dio, che è spirale infinita del ricevere e del donare.

E quel «fatele fruttare» iniziale? In realtà, nell’originale greco il verbo è pragmatéusasthe, che alla lettera significa datevi molto da fare. Inteso in questo senso, il comando dell’uomo di nobile famiglia, anziché avallare l’etica capitalista, si oppone piuttosto al nostro modo di guardare alla vita. Obiettivo del vivere per noi oggi infatti è poter godere, divertirsi, riposare: per questo l’ideale è star bene ed in salute, essere giovani, ricchi e di successo.

Ma la vita è davvero questo? Il benessere fa star bene? Non è piuttosto un fuoco di paglia, che subito si spegne e resta solo la cenere? Esiste invece un fuoco che brucia, ma non si consuma (Es 3,2)? Secondo la Bibbia, sì: è la vita di Dio. Essa consiste nel donarsi, nel farsi pane e vino. Ecco allora il senso dell’esortazione a darsi molto da fare: è invito a spendersi, a dare tutto (Lc 21,4). Questo comporta fatica, a volte sofferenza: ma tutto ciò, anziché essere un male, è la via per giungere al bene, alla gioia, alla vita che non finisce.

Massimiliano Zupi: