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Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio

«Quest’immagine e l’iscrizione di chi sono?» «Cuius est imāgo haec et suprascriptĭo?»

Domenica 18 ottobre – XXIX settimana del tempo ordinario – Mt 22, 15-21

In quel tempo, i farisei se ne andarono e tennero consiglio per vedere come cogliere in fallo Gesù nei suoi discorsi. Mandarono dunque da lui i propri discepoli, con gli erodiani, a dirgli: «Maestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità. Tu non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno. Dunque, di’ a noi il tuo pare-re: è lecito, o no, pagare il tributo a Cesare?». Ma Gesù, conoscendo la loro malizia, rispose: «Ipocriti, perché volete mettermi alla prova? Mostratemi la moneta del tributo». Ed essi gli presentarono un denaro. Egli domandò loro: «Questa immagine e l’iscrizione, di chi sono?». Gli risposero: «Di Cesare». Allora disse loro: «Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio».

Il commento di Massimiliano Zupi

Bisogna pagare il tributo a Cesare? Certamente sì: se si usano le monete di uno Stato, si devono rispettare le leggi di quello Stato. Le monete, con l’immagine dell’imperatore ed il suo nome iscritto sopra, dicono a chi appartengano: al mondo, con tutta la sua carica di ingiustizia e di violenza.

Se dunque bisogna pagare il tributo a Cesare, qual è quello da pagare a Dio? C’è una moneta di Dio? Sì, anch’essa riconoscibile dall’immagine e dall’iscrizione. L’immagine è quella del Figlio dell’uomo crocifisso, riflessa in ogni povero Cristo del mondo: ogni uomo, nella sua fragilità, è moneta di Dio.

L’iscrizione è quella della croce, «Gesù il Nazareno, il re dei Giudei» (Gv 19,19): ogni uomo che si segna, con consapevolezza e sincerità, con il segno della croce è moneta di Dio. Il denaro del mondo esige competizione, accumulo, possesso, dominio: questo è il tributo, il modo di vivere che il mondo si aspetta. Il denaro del regno dei cieli invece è umiltà, dono, servizio: questo è il tributo a Dio, lo spirito da cui è possibile riconoscere chi gli appartenga. Il primo genera divisioni, invidia, dissolutezza, aggressività, tristezza, odio. Il secondo comunione, benevolenza, dominio di sé, fedeltà, mitezza, gioia, amore (Gal 5,19-22).

Massimiliano Zupi

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