Opinione

Linguaggio non sempre appropriato: il compito di un cristiano

La nostra vita ogni giorno è fatta di tante parole, e non possiamo comunicare con gli altri, se non attraverso l’uso delle parole stesse, ma ci sono parole e parole.

Sentiamo spesso, che molti (forse anche troppi!) individui usino nel loro quotidiano modo di esprimersi un linguaggio non sempre appropriato, un modo di parlare che in alcuni casi, è un vero turpiloquio, ancor più grave se esso è rivolto in modo particolare e diretto a Dio

C’è chi della bestemmia, come della parolaccia, ne fa un vezzo: occasione di puro esibizionismo e quindi se ne vanta, ben lungi dal convincersi che il suo è un riprovevole vizio. In qualche zona del nostro Paese, essa è usata addirittura per introdurre un complimento.

Nel passato lontano e recente, s’è cercato di proporre leggi che vietassero e punissero quanti fanno uso di un linguaggio, che diventa un vero turpiloquio, ma da quello che si sente e non solamente camminando per le strade di una qualsiasi città, sembra che le cose non siano cambiate

La Chiesa cattolica ricorda quanto viene nel II comandamento: “Non pronunciare il nome di Dio invano” questo principio è rivolto a tutti gli uomini.

Paolo VI (1963-1978) e proclamato Santo il 14 ottobre del 2018, così si esprimeva: “La bestemmia, oltre ad essere offesa a Dio, è anche offesa alla dignità dell’uomo, che essendo intelligente, va contro la sua razionalità quando bestemmia, perché non c’è nessun motivo che possa scusare questo oltraggio al Signore, infinitamente buono e sapiente”.

Il compito di un buon cristiano dev’essere quello di intervenire con fermezza e carità allo stesso, per richiamare ad una maggiore correttezza ed uso del linguaggio, ma se la famiglia, la scuola, gli ambienti di lavoro, i vari settori della società, non si impongono, il linguaggio umano continuerà ad essere inquinato da deprecabili espressioni che non fanno altro che allontanare l’uomo da quel cosiddetto vivere civile.

Gualtiero Sabatini

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