Pena ridotta in Appello per Vincenzo Paduano, il 28enne che il 28 maggio 2016, nel quartiere romano della Magliana, uccise e bruciò la sua ex fidanzata, Sara Di Pietrantonio, dopo averla bloccata di notte lungo la strada che la ragazza stava percorrendo per tornare a casa. L'uomo, dopo due ore di camera di consiglio, ha ascoltato la sentenza dei giudici i quali, a fronte di una condanna all'ergastolo comminata in primo grado, hanno disposto la riduzione a 30 anni di reclusione, dando così parere contrario a quanto richiesto dalla Procura, ovvero la conferma del massimo della pena. Su Paduano, pendevano le accuse di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione dai futili e abbietti motivi, dagli atti persecutori, e ancora stalking, incendio e occultamento di cadavere.
La difesa ha cercato di far cadere gli ultimi due capi d'accusa, quella dello stalking e la distruzione di cadavere, oltre a richiedere il non riconoscimento dell'aggravante della premeditazione in quanto, secondo il legale, l'acool contenuto nella bottiglia di Paduano non sarebbe servito a incendiare la macchina ma solo a danneggiarla, in quanto troppo poco. Sull'ex fidanzato di Sara gravano i dati rilevati dai gps, nei quali viene indicato che, nei sette giorni precedenti all'omicidio, ha insistentemente pedinato la ragazza e fatto appostamenti nei principali luoghi da lei frequentati, quali la sua casa, quella del suo nuovo fidanzato e quella di una sua amica. Il tutto unito a gravi e ripetute minacce.
Paduano ha partecipato a entrambe le udienze, affermando di sentirsi pentito per quanto commesso: “Non c'è giorno in cui mi chiedo come sia stato possibile. Mi vergogno profondamente di quello che ho fatto e Dio solo sa se vorrei essere perdonato da tutti. Come faccio a chiedere perdono se io stesso non mi perdono. Sarò sempre consapevole di essere l'unica causa di tanto dolore”. Presenti in aula anche i parenti e le amiche di Sara che hanno mostrato scetticismo sul pentimento di cui ha parlato il 28enne, in particolare la mamma della giovane, Concetta Raccuia: “Non gli credo perché è un manipolatore, abituato a indossare tante maschere. Dopo due anni di prigione vuole apparire come il classico bravo ragazzo che chiede scusa. Ma io non intendo cadere nella trappola in cui è caduta mia figlia”. E sulle lacrime, più volte mostrate in aula da Paduano: “Posso apparire cinica ma non credo che l'imputato si sia pentito per davvero: credo che per arrivare a un pentimento sincero dovrà essere aiutato molto ancora perchè da solo non può farcela… Paduano ha pianto per se stesso, direi…”.
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