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Il piano del Comune non funziona: aule gelide e studenti a casa. Polemiche sulla gestione dell’emergenza

No, decisamente non ha funzionato l’operazione “Scuole al caldo” messe in atto dal Campidoglio per contrastare l’emergenza gelo che, in questi giorni, si è abbattuta sulla Capitale. Il “flop” si è palesato già la mattina del 9 gennaio quando, in molti istituti della città, insegnanti e dirigenti scolastici hanno rimandato a casa gli studenti, costretti ad affrontare la ripresa delle lezioni in condizioni climatiche assolutamente proibitive. Nei giorni scorsi, alcuni presidi avevano già diramato una circolare nella quale si richiedeva, ai genitori, di vestire i loro figli in modo adeguato a contrastare il freddo delle aule. Una soluzione che ha funzionato solo in parte: il ritardo nell’accensione dei riscaldamenti, infatti, ha reso impossibile, in molti casi, il normale svolgimento delle attività scolastiche, anche con sciarpe, cappotti e cappelli indosso.

Dal centro storico alla più lontana periferia, il quadro generale non è stato pressoché differente: dai quartieri più centrali a quelli più limitrofi, è stato il gelo a farla da padrone. Un pericoloso scivolone, quello dell’amministrazione: i tanti disagi riscontrati nella Capitale, sono infatti stati ben più evidenti nelle aule scolastiche. In alcune di queste, sono addirittura state registrate temperature inferiori agli 8 gradi: la gradazione è stata rilevata grazie a un apposito esperimento messo in atto, all’interno del laboratorio di scienze, dagli studenti dell’Istituto del “Buon Pastore, nel XII Municipio. Anche nell’Istituto “Diaz”, le temperature superavano lo “zero” di pochi gradi appena.

E mentre gli studenti sono stati costretti a tornare a casa, le polemiche verso l’ordinanza della sindaca Raggi sono proporzionalmente aumentate. Troppo tardiva la sua emissione, secondo presidi e minisindaci, circostanza che, di fatto, ne ha reso impossibile la totale applicazione: l’operazione promossa dal Comune, infatti, prevedeva l’accensione degli impianti di riscaldamento con almeno ventiquattro ore di anticipo sulla tabella di marcia, allo scopo di far trovare, agli alunni rientranti, delle aule perlomeno climaticamente praticabili. Un ritardo che deriverebbe da una gestione approssimativa, come spiegato da Mario Rusconi, presidente dell’Associazione nazionale dei presidi: “Nella maggior parte dei casi ci vuole l’intervento in loco di una squadra di tecnici inviata dai Municipi per riattivare le caldaie. Impensabile fare tutto in 48 ore, specie nel weekend. E’ difficile avere un quadro complessivo, ma dalle comunicazioni dei nostri presidi possiamo dire che quasi il 30% delle scuole romane ha avuto problemi”. Numerose anche le segnalazioni riguardanti malfunzionamenti di alcuni impianti di caldaie in diversi istituti, spesso perché troppo vecchi.

Dal canto suo, il Campidoglio smentisce in parte i numeri dell’emergenza, riferendo casi di disagio pari circa al 5% delle scuole: “Su un totale di 1124 impianti termici – è spiegato in una nota -, sono stati segnalati 62 malfunzionamenti o mancati avvii. Su circa una ventina di questi si è prontamente intervenuti. I restanti si sono verificati nella mattinata odierna e sono in fase di risoluzione”. Dati dissonanti ma che, a ogni modo, evidenziano ancora una volta le numerose discrepanze tra gestione e quotidianità. Del resto,le condizioni fatiscenti, strutturali e non, di molti istituti scolastici romani, non costituiscono certo un argomento nuovo.

 

 

redazione

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