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Papa Francesco: “Nelle sofferenze dei poveri organizziamo la speranza”

“La Giornata Mondiale dei Poveri, che stiamo celebrando, ci chiede di non voltarci dall’altra parte, di non aver paura a guardare da vicino la sofferenza dei più deboli”. E’ un invito e un monito quello che Papa Francesco rilascia nell’omelia della Santa Messa in occasione della giornata dedicata a chi soffre, in tutto il mondo, una condizione di povertà. Un invito, perché le immagini usate da Gesù nel Vangelo odierno ci aiutano a leggere “i dolori di oggi e la speranza di domani”. E un monito, affinché ogni cristiano faccia la sua parte per alleviare le sofferenze del prossimo. Il sole, che nel passo evangelico si oscura, viene illuminato nuovamente dalla speranza portata dal Signore. Poiché è in quel momento di oscurità totale che il Figlio dell’Uomo verrà.

I poveri, i più fragili

Parole che ci aiutano a comprendere “tutte le dolorose contraddizioni in cui la realtà umana rimane immersa in ogni tempo”. Ma anche “il futuro di salvezza che la attende, cioè l’incontro con il Signore che viene, per liberarci da ogni male”. Il dolore è un compagno della storia, “segnata da tribolazioni, violenze, sofferenze e ingiustizie, in attesa di una liberazione che sembra non arrivare mai”. E a esserne feriti “oppressi e talvolta schiacciati sono i poveri, gli anelli più fragili della catena”. Per loro, il sole della vita è oscurato dalla solitudine, “vittime dell’ingiustizia e della disuguaglianza di una società dello scarto, che corre veloce senza vederli e li abbandona senza scrupoli al loro destino”. Ma in questo agisce la speranza del domani portata da Gesù: “Nel gemito della nostra storia dolorosa, c’è un futuro di salvezza che inizia a germogliare. La speranza di domani fiorisce nel dolore di oggi”.

Costruire il Regno dell’amore

Davanti alla realtà dei poveri, ai cristiani è richiesto “di nutrire la speranza di domani risanando il dolore di oggi”. La speranza indicata dal Vangelo “non consiste nell’aspettare passivamente che un domani le cose vadano meglio… ma nel rendere oggi concreta la promessa di salvezza di Dio”. La speranza cristiana “non è l’ottimismo beato di chi spera che le cose cambino” ma “costruire ogni giorno, con gesti concreti, il Regno dell’amore, della giustizia e della fraternità che Gesù ha inaugurato”. Ai cristiani, oggi, sono richieste compassione, vicinanza e tenerezza. Papa Francesco ricorda le parole di don Tonino Bello: “Non possiamo limitarci a sperare, dobbiamo organizzare la speranza”. Perché “se la nostra speranza non si traduce in scelte e gesti concreti di attenzione, giustizia, solidarietà, cura della casa comune, le sofferenze dei poveri non potranno essere sollevate, l’economia dello scarto che li costringe a vivere ai margini non potrà essere convertita, le loro attese non potranno rifiorire”.

Spezzare il pane con gli affamati

Di fronte ai poveri, nelle loro sofferenze, compito dei cristiani è riorganizzare la speranza: “Una dinamica che oggi ci chiede la Chiesa”. Proprio ai cristiani, la responsabilità di “superare la chiusura, la rigidità interiore, che è la tentazione di oggi, dei ‘restaurazionisti’ che vogliono una Chiesa tutta ordinata, tutta rigida: questo non è dello Spirito Santo”. In questa rigidità, c’è bisogno di far germogliare la speranza. “E sta a noi anche superare la tentazione di occuparci solo dei nostri problemi, per intenerirci dinanzi ai drammi del mondo, per compatire il dolore”. Gesù ci vuole “convertitori di bene”. Ossia, “persone che agiscono: spezzano il pane con gli affamati, operano per la giustizia, rialzano i poveri e li restituiscono alla loro dignità”.

Damiano Mattana

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