Foto di Olga Kononenko su Unsplash
Sette borse di studio su 10 in medicina d’emergenza-urgenza non sono state assegnate. A lanciare l’allarme per l’ulteriore “calo della vocazione”, con le unità operative degli ospedali adibite a questi casi sono già segnate dalla scarsità di personale, e a chiedere una urgente riflessione sono i vertici della Società italiana medicina d’urgenza (Simeu).
Parte dal Piemonte un grido d’allarme in materia di medicina d’urgenza e di “mancata assegnazione di quelle borse di studio che darebbero un po’ di sollievo al settore, rendendolo anche più attrattivo per i giovani studenti. Sognano solo più di andare a lavorare all’estero, quando invece i nostri Pronti soccorso vivono una penuria di personale che rasenta il default sanitario“. A denunciare la situazione sono la presidente della Società Italiana Medicina d’Urgenza di Piemonte e Valle D’Aosta, Marina Civita, a nome del consiglio regionale Simeu, e il presidente nazionale dello stesso sindacato Fabio De Iaco.
“Le recenti assegnazioni delle borse di studio per la specializzazione in Medicina d’emergenza-urgenza hanno visto un ulteriore e pesantissimo calo della vocazione dei giovani medici verso questa disciplina – osserva Marina Civita -. In un quadro nazionale drammatico, dove non è stato assegnato il 69% delle borse di studio in Medicina d’Urgenza a disposizione, e dove in più atenei gli iscritti sono pari a zero, il Piemonte cerca di restare a galla grazie all’impegno dei medici Meu che ancora credono nel loro lavoro”.
“La drammaticità dei numeri – si rileva in una nota congiunta – deve imporre una grossa e urgentissima riflessione a tutti per salvare il sistema dei Pronto soccorso italiani. Politica, università e società scientifiche devono fare fronte comune per risollevare le sorti del sistema, che viceversa sarà destinato a fallire. L’intervento deve essere immediato. Si sta parlando di un nodo cruciale della sanità italiana, il pronto soccorso è e sarà sempre il biglietto da visita del Sistema Sanitario Regionale. Perdere questo patrimonio di servizi e competenze avrebbe ricadute gravissime su tutta la società”, conclude Marina Civita.
Fonte Ansa
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