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“L’uso scorretto del cellulare provoca tumori”, a Ivrea una sentenza storica

Storica sentenza del Tribunale di Ivrea (To), che per la prima volta riconosce la correlazione tra un uso scorretto del cellulare e l’insorgenza del tumore al cervello. Basandosi sulle relazioni dei tecnici chiamati a dirimere una matassa su cui si discute da anni, i giudici hanno infatti condannato l’Inail a corrispondere una rendita vitalizia da malattia professionale a Roberto Romeo, dipendente di un’azienda cui è stato diagnosticato un tumore dopo che per 15 anni aveva usato il telefonino per tre ore al giorno senza protezioni.

Decisione storica

La sentenza, resa nota oggi dai difensori della parte lesa, è dello scorso 30 marzo. Il giudice del lavoro del Tribunale di Ivrea, Luca Fadda, riconosce che il tumore, benigno ma invalidante, contratto dall’uomo è stato causato dall’uso sregolato del cellulare. “Speriamo che la sentenza spinga ad una campagna di sensibilizzazione, che in Italia non c’è ancora”, afferma l’avvocato Stefano Bertone. “Come studio – aggiunge – abbiamo aperto il sito www.neurinomi.info, dove gli utenti possono trovare anche consigli sull’utilizzo corretto del telefonino”. L’interessato assicura di non voler “demonizzare l’uso del telefonino” ma rimarca la necessità di farne “un uso consapevole”. Romeo racconta: “Ero obbligato a utilizzare sempre il cellulare per parlare con i collaboratori e per organizzare il lavoro. Per 15 anni ho fatto innumerevoli telefonate anche di venti e trenta minuti, a casa, in macchina. Poi ho iniziato ad avere la continua sensazione di orecchie tappate, di disturbi all’udito. E nel 2010 mi è stato diagnosticato il tumore. Ora non sento più nulla dall’orecchio destro perché mi è stato asportato il nervo acustico“.

Consulenza decisiva

Nella relazione di consulenza del professor Angelo Levis si legge: “Sulla base dei criteri elencati nel preambolo delle monografie della Iarc, le emissioni a Rf/Mo dei telefoni mobili (cellulari e cordless) dovrebbero essere classificate nel gruppo 1 dei sicuri cancerogeni per l’uomo”. L’esperto riporta un elenco (aggiornato fino all’aprile del 2013) diffuso dall’associazione “Safer phone zone“. Vi si trovano gli Usa – dove San Francisco è stata la prima città, nel 2011, ad approvare una legislazione cautelativa – e poi Canada, Australia, Israele, Francia, Russia, Belgio, Irlanda, Finlandia, Regno Unito, India (vietato l’uso dei cellulari sotto i 16 anni e la vendita a bambini e donne gravide), Svizzera, Corea, Giappone “e persino il Tagikistan“. “In questo lungo elenco – scrive Levis – manca qualsiasi cenno all’Italia, il che non deve stupire visto che i nostri oncologi, i farmacologi ma soprattutto i funzionari dell’Iss e persino gli ex ministri della Salute continuano a sostenere l’innocuità delle radiazioni emesse dai cellulari, sul cui uso cautelativo nessun provvedimento è stato finora adottato e tanto meno pubblicizzato, neppure per i bambini e per gli adolescenti“.

Verso la class action

La sentenza, una volta passata in giudicato, rappresenterà un precedente cui potranno attingere le decine di cittadini che sostengono di aver contratto patologie simili (o addirittura più gravi) a causa dell’utilizzo del cellulare. “Questa sentenza apre la strada alla class action che attualmente il Codacons sta studiando in favore di tutti i possessori di telefoni cellulari, per i rischi alla salute corsi attraverso l’utilizzo dei telefonini – spiega il presidente Carlo Rienzi – Una azione collettiva che vedrà tra i destinatari anche l’Inail, che ancora non ha inserito tra le malattie professionali quelle causate dall’uso dei cellulari. Intanto attendiamo la decisione del Tar sul nostro ricorso volto ad ottenere avvertenze sulle confezioni del telefonini circa i rischi per la salute umana, al pari delle indicazioni presenti sui pacchetti di sigarette“.

Daniele Vice

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