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IL PIANETA DELLE ARMI

Non si ferma la compravendita di armi in tutto il pianeta, nonostante nel 2014 il fatturato complessivo di questo mercato abbia subito una contrazione dello 0,4% (pari a 1.776 miliardi dollari, ossia il 2,3% del Pil globale), la terza in altrettanti anni. Troppo poco per dire che il trend delle maggiori potenze mondiali sia stato effettivamente invertito. Anche perché mentre in Europa l’acquisto di armamenti cala sensibilmente in Paesi quali Russia, Cina e Arabia saudita le spese militari sono salite a dismisura, probabilmente per i conflitti, tensioni e i regimi che caratterizzano quelle aree geografiche. I dati di questo mega affare costruito sul sangue sono forniti dal rapporto dello “Stockholm International Peace Research Institute” (Sipri) che ogni analizza i bilanci militari di tutte le nazioni della Terra.

Gli Usa con 610 miliardi di dollari restano di gran lunga i maggiori acquirenti di armi in termini assoluti ma hanno ridotto le spese dello 6,5%. La Cina, invece, al secondo posto, ha speso 216 miliardi di dollari, con un aumento del 9,7% (bilancio che nel 2015 crescerà, secondo i dati forniti da Pechino, di un ulteriore 10,3%).

Terza, ma molto indietro nonostante le minacce del suo apparato di governo e la retorica bellicista di Vladimir Putin, la Russia con 84,5 miliardi di dollari (+8,1%). Ma nel 2015 il bilancio della Difesa salirà di un’ulteriore 15% (per un totale di 150,5 miliardi di dolari). Sul fronte opposto sono aumentati del 23%, a quota 4 miliardi di dollari, gli investimenti in armi del governo ucraino mentre nel 2015 si stima che raddoppieranno. Il tutto, sottolinea Sipri, è frutto dell’impegno delle truppe di Kiev, dall’aprile 2014, in un’offensiva contro le forze separatiste delle regioni orientali e filo-russe di Donetsk e Lugansk, sostenute da Mosca.

La crisi ucraina ha anche fatto aumentare gli investimenti militari negli ex Paesi del Patto di Varsavia: 93,9 miliardi (+8,4%). Ma il record assoluto di spese per armi spetta all’Arabia Saudita: +17% pari a 80,8 miliardi di dollari, meno di 4 miliardi dal bilancio della superpotenza militare russa. Riad ha speso per rafforzare il proprio apparato militare per far fronte a quella che a Riad, culla del wahabismo (l’interpretazione più severa dell’Islam sunnita), ritengono la minaccia mortale rappresentata dall’Iran sciita. I sauditi sono alla guida delle petromonarchie sunnite del Golfo Persico contro Teheran. Lo hanno dimostrato il 26 marzo scorso dando il via all’offensiva – per il momento solo aerea – contro i ribelli sciiti Houthi (sostenuti da Teheran secondo Washington e Riad) ponendosi alla guida di una colazione di 10 Paesi per l’appunto sunniti. In Africa anche le spese militari sono cresciute di quasi il 6%. A guidare la classifica Algeria e Angola.

E l’Italia? Registra un’ulteriore contrazione rispetto a quelle del 2013 e del 2015. In totale Roma ha tagliato l’8,8% delle spese militari (circa 30 miliardi di euro) scendendo dall’11sima alla 12esima posizione nel ranking dei 15 Paesi che spendono più per le armi. Il Sipri ha calcolato che nel 2015 ci sarà un ulteriore decurtazione del 4,9% che porterà l’Italia a spendere l’1,1% del Pil per le forze armate.

Luca La Mantia

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