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Gli affitti turistici brevi contribuiscono alla crisi dei piccoli alberghi

Secondo Assohotel Confesercenti gli affitti turistici brevi, prenotatili tramite piattaforme online, hanno avuto un impatto negativo sugli alberghi, sopratutto quelli a gestione familiare

In dieci anni chiusi molti alberghi

Sulle principali piattaforme di affitti turistici brevi si contano ormai circa 500 mila proposte di appartamenti e stanze private/condivise. Un boom che, secondo Assohotel Confesercenti, sta avendo un grave impatto sul mondo dell’accoglienza alberghiera in Italia. In particolare, su alberghi e pensioni a gestione familiare, che un tempo rappresentavano un “punto di forza” del sistema ricettivo nazionale ma che ora faticano a restare sul mercato: in dieci anni, sono scomparsi 2.790 hotel a uno e due stelle, sempre più schiacciati dalle aggressive politiche tariffarie degli hotel di categoria superiore e al tempo stesso sopraffatti dall’aumento delle proposte di appartamenti in affitto.

La causa non è la crisi pandemica

Da un’analisi sul sistema ricettivo italiano condotto da Cst per Assohotel, l’associazione che riunisce le imprese della ricettività turistica alberghiera Confesercenti, nel 2011 in Italia c’erano 10.266 hotel a 1 e 2 stelle che offrivano il 13,3% dei posti letto del settore alberghiero. Oggi ne restano 7.476 e garantiscono il 9,6% dei posti letto del comparto. Il loro ridimensionamento non è legato alle difficoltà del periodo pandemico, visto che dal 2011 il calo medio annuo è stato del 3%. Dieci anni fa gli hotel a 1 stella in Italia erano 3.612 e nel 2022 sono scesi a 2.385. Stesso trend per i 2 stelle che nel 2011 contavano 6.654 imprese e nel 2022 si sono ridotti a 5.091.

Calano anche gli alberghi a 3 stelle

In termini percentuali il calo dei primi è stato del 34% e la diminuzione dei secondi si ferma al -23,5%. Una situazione particolare, dalla quale non sfuggono nemmeno i 3 stelle che in 10 anni hanno registrato una diminuzione del -2,5%.
Nel 2022 il maggior numero di hotel a 1 e 2 stelle era concentrato nelle regioni del Nord Est (43,7%), mentre nelle regioni del Sud e Isole erano distribuite solo il 13,5% del totale. Proprio in queste aree negli ultimi 10 anni si è registrata la diminuzione percentuale più elevata, a differenza delle regioni del Centro dove la diminuzione si è fermata al -20%.

Fonte: Ansa

redazione

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