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Filippine: al via l’indagine sulla “guerra alla droga” di Duterte

La Corte Penale Internazionale (CPI) ha autorizzato un’indagine sulla ‘guerra alla droga’ del governo filippino, segnata da migliaia di omicidi commessi da funzionari delle forze dell’ordine, che i giudici ritengono costituire crimini contro l’umanità. Il presidente filippino Rodrigo Duterte ha definito l’indagine “illegale” e ha fatto sapere che non intende collaborare.

La risposta di Duderte

Duterte ha anche incaricato il suo legale, Salvador Panelo, di presentare istanza di inammissibilità. L’avvocato ha ricordato alla radio DZBB, che le Filippine non riconoscono il Cpi, essendosi ritirate nel 2019 dall’accordo di Roma con cui fu istituito.

In virtù di ciò – ha detto – “il governo vieterà l’ingresso” nel suo territorio a qualsiasi membro di questa giurisdizione che venga “a raccogliere informazioni e prove”. Duterte ha persino minacciato di arrestare il procuratore uscente della CPI Fatou Bensouda che a giugno ha annunciato di aver chiesto l’indagine ora autorizzata.

La CPI ha precisato che la cosiddetta campagna di “guerra alla droga” non può essere considerata un’operazione legittima delle forze dell’ordine ma che i documenti a disposizione indicano “che, nel perseguimento di una scelta politica di uno Stato è stato lanciato un attacco generalizzato e sistematico contro la popolazione civile”.

Oltre sei mila morti

“Il governo filippino ha riconosciuto nel 2019 – denuncia Amnesty International – almeno 6600 uccisioni da parte della polizia ma molte migliaia di altri omicidi commessi da sconosciuti sarebbero probabilmente collegati alle forze di polizia. Dopo il trasferimento di una serie di alti funzionari di polizia dalla regione metropolitana di Manila, l’epicentro della campagna di omicidi è ora la provincia di Bulacan, nella regione di Luzon centrale. Il presidente Duterte ha più volte difeso la ‘guerra alla droga’ parlando di ‘criminali’ la cui uccisione è ‘giustificabile'”

Milena Castigli

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