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Consiglio Episcopale Permanente: “I corridoi umanitari rappresentano uno strumento di solidarietà internazionale”

Si è conclusa poche ore fa la sessione primaverile del Consiglio episcopale permanente, che si è tenuta a Roma sotto la guida del cardinale Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei. Nel corso della stessa sono stati approfonditi vari temi riguardanti la presenza attiva e propositiva della Chiesa nel nostro tempo.

La riflessione sulla tragedia di Cutro

La tragedia di Cutro, secondo il Consiglio Cei, “è una ferita aperta che mostra la debolezza delle risposte messe in atto. Il limitarsi a chiudere, controllare e respingere non solo non offre soluzioni di ampio respiro, ma contribuisce ad alimentare irregolarità e illegalità”. “Servono invece politiche lungimiranti, nazionali ed europei, capaci di governare i flussi d’ingresso tramite canali legali, cioè vie sicure che evitino i pericoli dei viaggi in mare, sottraggano quanti sono costretti a lasciare la propria terra a causa di fame e violenza alla vergogna dei centri di detenzione e diano prospettive reali per un futuro migliore”. Nel comunicato finale del Consiglio episcopale permanente si legge che il fenomeno migratorio “continua ad essere gestito in modo emergenziale e non strutturale”. In questa ottica, è stato osservato dai vescovi, “i corridoi umanitari rappresentano al contempo un meccanismo di solidarietà internazionale e un potente strumento di politica migratoria”. “Nel ribadire che il diritto alla vita va sempre tutelato e che il salvataggio in mare costituisce un obbligo per ogni Stato – aggiunge la nota -, i Vescovi hanno quindi ricordato quanto sia strategica per il bene comune un’accoglienza dignitosa che abbia nella protezione, nell’integrazione e nella promozione i suoi cardini”.

L’importanza della famiglia

“Forte preoccupazione” dei vescovi “per il crescente individualismo e per l’avanzare di visioni che rischiano di distorcere l’idea stessa di famiglia”, che “come sancito dalla Costituzione è e resta il pilastro della società, garanzia di prosperità e di futuro”. Così la Cei. “Riconoscere l’istituto familiare nella sua originalità, unicità e complementarità significa tutelare in primo luogo i figli, che mai possono essere considerati un prodotto o l’oggetto di un pur comprensibile desiderio. In tal senso, molte persone ormai, pur con idealità diverse, riconoscono come inaccettabili pratiche che mercificano la donna e il nascituro”. “Con una certa apprensione – si legge nel comunicato finale -, i presuli hanno rivolto lo sguardo alla dinamica demografica in atto nel Paese. Il recente Rapporto Istat ha confermato l’inesorabile calo della popolazione con il saldo negativo tra nascite e decessi. La costante diminuzione delle nascite dice di una sfiducia nel futuro che fa rinviare la genitorialità e che determina squilibri generazionali con inevitabili ripercussioni nel tessuto sociale del Paese: nella scuola, nel lavoro, nel sistema del welfare, nelle pensioni”. Eppure “le famiglie italiane desiderano avere figli, come testimoniato, ad esempio, dalle indagini dell’Istituto Toniolo. Per questo è auspicabile che vengano messe in atto tutte quelle politiche attive che favoriscono la natalità e la famiglia ricostruendo quella fiducia nel domani che sembra venuta meno negli anni”.

L’importanza del Patto educativo globale

La riflessione dei Vescovi “si è poi concentrata sulla condizione dei tanti, troppi bambini in situazioni di povertà economica ed educativa”. “Dalla povertà educativa nascono l’abbandono scolastico, la realtà dei Neet, la noia e la rabbia giovanile che alimentano il fenomeno delle baby gang e sfociano in ripetuti episodi di violenza – aggiunge la nota -. È necessario e urgente dedicare tempo e risorse alla questione educativa, nell’ottica del Patto educativo globale proposto da Papa Francesco”.

Fonte: Ansa

redazione

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