Non hanno tregua i bombardamenti della coalizione a guida saudita nello Yemen. Nonostante il 21 aprile il governo di Riyadh abbia annunciato un’interruzione dei raid aerei per avviare una nuova fase della guerra, oggi vicino la capitale Sana’a le basi dei ribelli sono state colpite dall’aviazione dell’Arabia. “Gli houthi – ha detto l’ambasciatore saudita Adel al Jube – non devono farsi illusioni, continueremo a usare la forza per fermare la loro avanzata e le loro azioni aggressive”.
La guerra in Yemen ha avuto ufficialmente inizio nella notte tra il 25 e il 26 ma la crisi nel Paese ha radici ben più profonde. Nel 2012 il presidente Ali Abdullah Saleh ha lasciato il suo incarico in seguito alle proteste popolari della primavera araba. Abd Rabbo Mansur Hadi ha preso quindi il suo posto ma l’inefficienza nel gestire l’estrema povertà, la scarsità di risorse idriche, la minaccia jihadista di al Qaeda e le richieste degli houthi e dei zaiditi hanno portato a gennaio al colpo di stato in seguito al quale il presidente si è dimesso. Dopo aver conquistato Sana’a gli houthi a marzo hanno puntato ad Aden, la principale città del sud dove Hadi aveva trovato rifugio.
L’insistente e sanguinosa avanzata dei ribelli ha provocato l’intervento di due potenze del Medio Oriente, l’Arabia Saudita e l’Iran allargando così i confini del conflitto. Proprio pochi giorni fa gli Stati Uniti hanno aumentato il numero delle navi da guerra schierate davanti le coste dello Yemen pronta ad intercettare eventuali navi iraniane che cercano di consegnare armi agli sciiti houthi.
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