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Vita difficile per chi dice no alle armi

Gli studenti che non andranno a scuola per partecipare alle manifestazioni contro la legislazione sulle armi negli Stati Uniti rischiano ritorsioni. Diversi istituti americani stanno minacciando i giovani che intendono scendere in piazza dopo l'onda emotiva scatenata dalla strage di Parkland (Florida), nella quale sono morte 17 persone.  

Rischio sospensione

Soprattutto in Texas. Il sovrintendente del distretto scolastico Needville Independent School, di Houston, Curtis Rhodes, ha avvertito in un post su Facebook che “chiunque partecipi a proteste di stampo politico sarà sospeso per tre giorni”, indicando che saranno tutte le scuole pubbliche della citta' a non tollerare le manifestazioni durante l'orario scolastico.

Avvertimento

“La vità è fatta di scelte, ognuna di queste comporta delle conseguenze, che possono essere positive o negative”. Il distretto scolastico di Waukesha, in Wisconsin, ha mandato una lettera direttamente a tutti i genitori spiegando loro che gli insegnanti e i ragazzi che parteciperanno alle manifestazioni programmate per metà marzo non saranno giustificati e saranno soggetti a misure disciplinari. Da quando è avvenuta la sparatoria, in Florida gli studenti che sono sopravvissuti alla strage si sono mobilitati, non solo organizzando manifestazioni, ma anche parlando con i media, con i rappresentanti politici locali e, alla Casa Bianca, con il presidente repubblicano Donald Trump. La richiesta è quella di leggi più stringenti per l'acquisto e il possesso di armi. A loro si sono uniti per solidarieta' studenti in tutti gli Stati Uniti. Il primo grande sciopero è atteso per il 14 marzo, poi il secondo, a cui ne seguiranno altri, per il 24 a Washington Dc e in molte altre città.

Hater in azione

La lotta di piazza per una riforma della legge sulle armi, fra l'altro, è costata ai sopravvissuti della strage numerosi insulti sui social media. In ambienti ultraconservatori sta girando anche una teoria complottistica secondo cui molti dei ragazzi intervistati dalle televisioni nazionali sarebbero in realtà attori della sinistra progressista. Intanto le maggiori compagnie come Twitter, Facebook e YouTube sono scese in campo, promettendo di prendere seri provvedimenti: “Stiamo lavorando attivamente sulle segnalazioni di abusi ed aggressioni contro i sopravvissuti della tragica sparatoria di massa di #Parkland. Questo tipo di comportamento va al di là di tutto quello in cui noi di Twitter crediamo. Stiamo prendendo provvedimenti contro tutti i contenuti che violano i nostri termini di servizio”. Così un tweet ufficiale del sito di micro blogging. Misure simili anche quelle prese da YouTube, che ha rimosso dei video, e Facebook che ha cancellato alcuni contenuti ritenuti “ripugnanti“.

Luana Pollini

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