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UTAH, FARMACI LETALI DIFFICILI DA TROVARE. MEGLIO IL PLOTONE D’ESECUZIONE

Una notizia choc arriva dallo stato americano dello Utah, dove i senatori hanno approvato con 18 voti a favore e 10 contrari una legge che prevede di ricorrere al plotone d’esecuzione “se le sostanze non sono in grado di portare avanti al pena di morte”, ossia nei casi in cui i farmaci non siano disponibili 30 giorni prima della data fissata per l’esecuzione. In realtà il progetto di legge era già stato approvato dalla Camera con 39 favorevoli e34 contrari. Perché sia valida ed entri effettivamente in vigore manca solo la firma del governatore dello Utah, il repubblicano Gary Herbert, che non ha ancora espresso la sua posizione.

È stato il repubblicano Paul Ray a farsi promotore dell’agghiacciante proposta in quanto considera i plotoni di esecuzione “un’alternativa umana e veloce alle iniezioni letali”. Lo Utah aveva vietato la condanna a morte per fucilazione nel 2004, anche se ai detenuti che era stata inflitta tale pena avevano potuto scegliere come morire. L’ultima esecuzione effettuata da un plotone avvenne nel 2010, quando Ronnie Lee Gardner aveva deciso di essere fucilato nel carcere di Salt Lake City.

In realtà diversi stati americani stanno cercando una soluzione alternativa all’iniezione letale. Il componente principale del mix di farmaci che viene iniettato ai condannati è il Pentobarbital, che sta diventando molto difficile da reperire. Quando però la notizia si è diffusa oltre oceano, soprattutto in Danimarca – dove si trova il maggior produttore di questo farmaco – una campagna stampa ha spinto la società a bloccare tutte le vendite. Ma anche reperire un farmaco alternativo sta diventando una vera e propria impresa grazie al boicottaggio messo in atto dalle varie case farmaceutiche e gli stati che usavano l’iniezione letale hanno iniziato ad usare nuovi mix, non “molto affidabili”.

Ad esempio l’esecuzione di Dennis McGuire, eseguita in Ohio nel gennaio del 2014, durò 25 minuti. In un altro caso in Oklaoma, il condannato ha impiegato 43 minuti a morire, mentre in Arizona un’esecuzione è durata quasi due ore. E solo pochi giorni fa, il 4 marzo, in Georgia è stata sospesa l’esecuzione di una donna: a Kelly Renee Gissendaner non venne fatta l’iniezione letale per quello che il Georgia Department of Corretion ha definito “un eccesso di cautela”. Infatti i legali della donna, in un tentativo in extremis di salvarla, avevano mandato ad analizzare presso un laboratorio indipendente i farmaci che dovevano essere usati per l’esecuzione e i “risultati sono apparsi dubbi”.

Nel particolare caso della donna, le autorità della Georgia sembrano siano molto caute con il procedere con la condanna a morte. Si tratterebbe della prima donna giustiziata dopo oltre 60 anni nello stato e, inoltre, con il sostegno di alcuni gruppi religiosi la Gissendaner avrebbe avuto una conversione spirituale. Le autorità competenti non hanno concesso la grazia, ma già una volta la sua esecuzione era stata rimandata a causa del “maltempo”.

Manuela Petrini

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