“Imprigionare qualcuno per aver mangiato o fumato una sigaretta in pubblico è una violazione assurda delle libertà individuali e personali. Non conformarsi alle tradizioni religiose e sociali non è un crimine. Le autorità tunisine non dovrebbero consentire che accuse vagamente formulate vengano utilizzate per imporre sentenze su basi giuridiche ingannevoli. Ogni persona dovrebbe avere il diritto si seguire le proprie credenze in materia di religione e morale”. Lo sostiene in un comunicato Amnesty International in riferimento alle recenti condanne fino ad un mese di reclusione (poi rimesse in libertà in attesa dell’appello) nei confronti di alcune persone sorprese a mangiare, fumare o bere in pubblico in Tunisia durante il mese sacro del Ramadan.
Condanne emesse dai giudici per “oltraggio al pudore“, nessuna legge tunisina infatti impedisce di mangiare o bere in pubblico durante il Ramadan ma ogni anno il dibattito sulla questione si accende. La Costituzione del 2014 infatti garantisce “libertà di religione e di coscienza” ma consacra tuttavia lo Stato come “garante e custode della religione“. Un collettivo di associazioni della società civile ha fin da subito richiamato le autorità a “rispettare il loro dovere costituzionale di garantire la libertà di coscienza” ed organizzato varie manifestazioni a Tunisi sotto lo slogan Mouch Bessif (Non per forza) proprio a rivendicare il diritto alla libera scelta di osservare o non osservare il digiuno.
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