A poco più di un settimana, per la precisione otto giorni, delle dichiarazioni “bellicose” nei confronti della politica monetaria del presidendente della Bce Mario Draghi, Donald Trump continua a fare numerose dichiarazioni su argomenti che riguardano in senso ampio l'economia. E stavolta, durante un'intervista alla Fox, il titolare della Casa Bianca ha preso di mira (per l'ennesima volta) il presidente della Federal Reserve Jerome Powell. “Ho il diritto di licenziarlo”, ha detto laconicamente Trump. E ancora: “Non sta facendo un buon lavoro”. All'origine delle critiche del presidente Usa, le mosse compiute dalla Banca Centrale Usa che lo scorso anno ha alzato per quattro volte i tassi di interesse, mentre ieri – dopo le aperture delle scorse settimane – è stato causato su un taglio del costo del denaro. Poi una marcia indietro rispetto a qualche giorno fa, infatti: “Dovremmo avere Draghi al suo posto”.
Il presidente americano è tornato a minacciare l'introduzione di “dazi sostanziali” contro la Cina se un accordo con quest'ultima non verrà trovato. L'inquilino della Casa Bianca si è detto “molto felice” dello status quo perchè con le tariffe doganali già adottate “stiamo incassando una fortuna”. E contrariamente a quanto sostenuto dagli osservatori, ossia che alla fine sono gli statunitensi a subire le conseguenze della politica commerciale voluta da Trump, il presidente ha detto: “Non permettete a nessuno di dire che siamo noi a pagare. La Cina è quella che paga”. Nel cosro dell'intervista Trump si è poi scagliato contro Google e Facebook, i quali secondo lui stanno tramando alle sue spalle da dentro il partito Repubblicano. Con il chiaro obiettivo di favorire, in vista delle presidenziali del 2020, lo schieramento democratico. “Rendono molto difficile per me far passare il mio messaggio”. Inoltre: “Queste persone sono tutti democratici, sono totalmente faziosi. Se dovessi annunciare domani che sono diventato un democratico liberal guadagnerei cinque volte l'attuale numero di follower“. Poi la stoccata finale: “Dovremmo fare causa a Google e Facebook, e forse lo faremo”.
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