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Teheran accusa gli Usa: “Interferenze grottesche”

Basta interferire negli affari iraniani: suona così il monito lanciato da Teheran verso gli Stati Uniti, accusati di intromettersi nelle questioni interne del Paese (nello specifico nelle proteste contro il carovita) attraverso l'utilizzo di “tweet assurdi” e “frasi grottesche” che violano le regole di “condotta civile”. Il riferimento dei vertici dell'Iran è alle uscite che, nei giorni scorsi, sono arrivate da oltreoceano, specie da parte dell'ambasciatrice all'Onu, Nikki Haley e, in alcune circostanze, dello stesso presidente Trump. Il tutto mentre la situazione per le strade va placandosi e, in marcia, si sono messi manifestanti che esprimono sostegno al Governo: alcune tv hanno infatti mostrato cortei pro-Rohuani in città come Ardabil, Shiraz e Isfahan. Ma non solo: le autorità iraniane si sono spinte oltre e, ricalcando i concetti espressi negli ultimi giorni dalla guida suprema del Paese, Alì Khamenei, hanno accusato gli Usa di aver ordito il complotto che avrebbe generato le proteste, coadiuvato da Israele e Arabia Saudita. A parlarne è stato il procuratore generale Jafar Montazeri.

Lettera all'Onu

Con le autorità di Teheran impegnate a rispondere a tono agli Stati Uniti, il rappresentante dell'Iran all'Onu, Gholamali Khoshroo, ha inviato una lettera al segretario generale Antonio Guterres, nella quale ha parlato di “incitazioni” ai manifestanti da parte degli States e dell'incremento di “interventi fatti in modo grottesco negli affari interni iraniani, col pretesto di fornire sostegno a sporadiche proteste”. Il dissenso di Khoshroo si è contentrato, in particolare, sulle figure di Donald Trump e del suo vice, Mike Pence, autori di “numerosi tweet assurdi” che, secondo l'ambasciatore, avrebbero sobillato la popolazione contro il proprio governo. Al termine degli scontri, il bilancio ufficiale parla di 20 persone rimaste uccise nel corso delle giornate di protesta.

Ebadi: “Disobbedienza civile”

Anche dalla Russia è arrivato l'invito all'amministrazione Trump a “non interferire negli affari interni della Repubblica islamica dell'Iran”, parlando dell'atteggiamento statunitense in modo polemico e affermando, attraverso le parole del ministro degli Esteri, Sergej Rybakov, che “il nostro vicino, Paese per noi amico, saprà superare le attuali difficoltà ed emergere come uno Stato più forte e partner ancor più affidabile nella risoluzione dei vari problemi, compresi quelli relativi all'attuazione dell'accordo congiunto sul nucleare”. Nel frattempo, però, all'interno della società iraniana c'è chi incoraggia i manifestanti a perseguire il loro obiettivo: si tratta di Shirin Ebadi, Premio Nobel per la Pace nel 2003, la quale ha invitato la popolazione alla disobbedienza civile, atteggiamento che si tradurrebbe nel mancato pagamento delle bollette e nel ritiro dei propri risparmi dalle banche: “Se il governo non vi ha ascoltati per 38 anni – ha detto – ora il vostro compito è ignorare quel che vi dice”.

Mattia Damiani

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