I ribelli di Ahrar al Sham non rispetteranno la tregua che entrerà in vigore stasera in Siria. Il regime di Assad ha approvato l’accordo Usa-Russia sul cessate il fuoco come primo passo verso una transizione politica, anche attraverso una collaborazione militare sul campo, e per far arrivare aiuti umanitari. Dopo una maratona diplomatica lunga 13 ore, il segretario di Stato Usa John Kerry e il suo omologo russo, Sergej Lavrov, avevano annunciato il raggiunto accordo: Assad ora “è pronto a collaborare”, avevano detto da Ginevra. Obiettivo finale: creare condizioni per la pace. Il presidente siriano Bashar al Assad oggi si è recato a pregare nella moschea di Daraya, la città simbolo della ribellione, che a fine agosto si è arresa alle forze del regime dopo quattro anni di guerriglia.
Se la tregua reggesse, infatti, i civili non subirebbero più i bombardamenti e i convogli con cibo e medicinali dell’Onu raggiungerebbero le città e i quartieri assediati da ribelli e governativi. Oltre 300 mila persone si trovano nella parte orientale di Aleppo dove, negli ultimi due mesi, non è potuto entrare neanche un convoglio umanitario e i bombardamenti hanno ucciso centinaia di persone e decine di bambini innocenti.
Dopo il fallimento dell’intesa di febbraio, i ribelli sono molto diffidenti sulla possibile transizione politica. Oggi è arrivato il “no” alla tregua del potente gruppo Ahrar al-Sham, appoggiato da Turchia e Arabia Saudita, che ad Aleppo combatte a fianco di Jsf e che può contare su 20 mila combattenti. Aḥrār al-Shām (che in arabo significa “Uomini liberi della Grande Siria”) è un gruppo armato siriano che raduna varie formazioni minori d’impronta ideologica islamista e salafita. Nel suo primo comunicato audio nel 2011, l’organizzazione aveva indicato il suo obiettivo di rimpiazzare il governo siriano laico con uno Stato islamico e di compiere una jihad contro un complotto safavide (vale a dire iraniano) teso a diffondere lo Sciismo per costituire un grande Stato sciita che comprenda Siria, Iran e l’Iraq, non senza coinvolgere Libano e Palestina.
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