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Revocati i domiciliari, Manafort va in carcere

Si aprono le porte del carcere per Paul Manafort, ex capo della campagna elettorale di Donald Trump e fra i nomi principali (direttamente e indirettamente) dell'inchiesta sul Russiagate. A stabilirlo è stato il Tribunale americano che si sta occupando del suo caso (Manafort è ancora in attesa di processo), nel quale colui che fu il numero uno (per un certo periodo) dell'entourage dell'allora candidato repubblicano, risulta accusato di alcuni reati fra i quali ostruzione alla giustizia, falsa testimonianza, riciclaggio di denaro, attività illecite di lobby, evasione fiscale e frode bancaria. La decisione di modificare il regime di arresto domiciliare su cauzione con quello in carcere, è stata presa dalla giudice Amy Berman Jackson la quale ha stabilito la misura poiché, durante il fermo presso la sua abitazione, Manafort avrebbe effettuato ripetuti tentativi di contattare dei testimoni a suo carico, per cercare di influenzarne le deposizioni.

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La posizione di Manafort

Una motivazione sufficiente per il giudice: Paul Manafort attenderà in carcere l'inizio del processo a suo carico, con la prima udienza fissata per il prossimo 10 luglio presso un tribunale federale di Alexandria, in Virginia. Per nessuno degli indagati nell'ambito del Russiagate, finora, era arrivata la misura del carcere, perlomeno fra quelli di spicco. Va detto, però, che la posizione di Manafort (capo-campagna elettorale solo per un periodo limitato) non è direttamente connessa al nome di Trump. Anzi, non lo è quasi per nulla in quanto i reati a lui contestati sono perlopiù di natura fiscale, tanto da essere sotto processo anche in un'altra inchiesta, atteso da un processo che inizierà a settembre a Washington. C'è però un altro aspetto: Manafort, che fu una figura chiave dell'entourage di Trump, è sospettato dal procuratore Mueller di aver sottoscritto contratti di consulenza con l’ex presidente filorusso ucraino Viktor Yanukovych.

Trump: “Molto ingiusto”

Il rischio, solo eventuale, per Trump sarebbe connesso a un'eventuale decisione di Manafort di collaborare con il superprocuratore se messo di fronte alla prospettiva di una pesante condanna, che peraltro già sta rischiando. A quel punto, diventerebbe uno dei suoi principali informatori e potrebbe rivelare ulteriori dettagli sulla sua posizione e su altre questioni a essa correlate. Certamente, al netto della natura delle sue eventuali rivelazioni, la possibile collaborazione di Manafort potebbe aprire nuovi scenari nell'inchiesta sul Russiagate. Trump ha definito “molto ingiusto” quanto accaduto al suo ex capo-campagna, commentando ironicamente via Twitter di “non sapere che fosse a capo di una banda”.

redazione

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