A pochi giorni dalla sua ascesa al trono il nuovo re saudita Salman sta consolidando la sua ascesa al potere con un ampio rimpasto di governo: oltre ai membri dell’esecutivo anche i vertici dei servizi segreti sono entrati nel mirino. Dopo aver destituito di due figli del defunto re Abdullah, è ora la volta dei capi dell’intelligence. Con 30 decreti il re avrebbe dato corpo al suo esecutivo.
Così, dopo il principe Meshaal, governatore della regione della Mecca, e il principe Turki, che ha governato la capitale Riad, verranno rimossi anche il principe Khalid bin Bandar bin Abdul Aziz al Saud, capo dell’intelligence e il principe Bandar bin Sultan, cui sarà tolto l’incarico di Segretario generale del Consiglio di Sicurezza Nazionale e consigliere del re. Nel nuovo consiglio operativo anche uno dei suoi figli, il principe Mohammed bin Salman, come titolare della difesa. Il re ha inoltre rimpiazzato alcuni leader religiosi considerati troppo liberali, con altri più conservatri. Un altro figlio di Abdullah, Mugrin, è stato scelto come nuovo Principe della Corona, il suo vice sarà il ministro dell’Interno, Mohammed bin Nayef. La scelta del nuovo erede è forse un modo per farsi perdonare lo “sgarbo” di aver rimosso funzionari e prole del vecchio monarca. Manterranno il proprio posto alcuni mebri del governo, tra cui il ministro del Petrolio Ail al Naimi, quello degli Esteri, il principe Saud al Faisal, e quello delle Finanze Ibrhim al Assaf.
Non manca però di ingraziarsi il popolo, anche questa volta attraverso twitter: il nuovo regnante, come gesto di benevolenza, ha concesso un bonus di due mesi di salario a tutti gli impiegati statali e militari sauditi, pensionati e studenti. “Caro popolo – ha scritto – voi meritate di più di qualunque cosa io potrò fare, non sarà mai abbastanza per voi. Non dimenticatemi nelle vostre preghiere”. Il rimpasto è visto come una mossa del re per circondarsi di fedelissimi, soprattutto negli incarichi più delicati come l’intelligence e la sicurezza. La paura è che qualcuno possa tramare per colpire la monarchia, già impegnata nel combattimento al terrorismo interno e esterno.
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