Suona come una sorta di “mea culpa” l'ammissione di Jean-Claude Juncker, presidente della Commissione Europea, fatta oggi a Strasburgo nella plenaria del Parlamento Europeo, per il ventennale dell'Euro.
“Mi rincresce” – ha detto – che nella gestione della crisi finanziaria l'Eurozona abbia “dato troppo spazio al Fondo Monetario Internazionale. Se la California entra in crisi, gli Usa non si rivolgono al Fondo, e noi avremmo dovuto fare lo stesso”. A differenza di quanto avverrebbe Oltreoceano, in Europa – osserva il presidente della Commissione Ue – “c'è stata una mancanza di solidarietà” nella gestione “della crisi greca. Abbiamo coperto di contumelie la Grecia: mi rallegro nel vedere che la Grecia e il Portogallo hanno ritrovato un posto, non dico un posto al sole, ma un posto tra le vecchie democrazie europee”, osserva.
Juncker ha anche riconosciuto che durante la crisi del debito “c’è stata dell’austerità avventata, ma non perché volevamo sanzionare chi lavora e chi è disoccupato: le riforme strutturali restano essenziali”. Egli ha parlato quindi dell'Euro, il “festeggiato” nel corso della plenaria a Strasburgo. Secondo lui, il progetto ha avuto successo. “Quando abbiamo lanciato il processo verso la moneta unica, ci prendevano per pazzi – ricorda – dicevano che l'unione monetaria non avrebbe potuto funzionare”. “Ne sentiamo di meno oggi – prosegue Juncker – deputati, giornalisti, professori di diritto ed economisti, soprattutto in Germania, tutti dicevano che sarebbe stata un'avventura che avrebbe condotto l'Ue al bordo dell'abisso. Ebbene, siamo ben lontani dall'abisso, perché possiamo constatare che il percorso intrapreso da vent'anni è stato coronato da successo“. Anche se, aggiunge Juncker, “la convergenza economica e sociale tra gli Stati membri lascia tuttora a desiderare”. Ci sono “dei punti deboli: è una grande debolezza che il coordinamento delle politiche economiche non sia perfetto. Non sarà mai perfetto, ma dobbiamo fare di più in materia di coordinazione delle politiche economiche, di bilancio e fiscali. E' una debolezza che rimane e non possiamo abbassare la guardia”, conclude.
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