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Kim minaccia: “Possiamo colpire gli Usa”

Proprio nel momento in cui sembrava che l'operato diplomatico stesse facendo qualche effetto, Kim Jong-un torna a sparare missili. E non solo stavolta: il nuovo modello di supertestata intercontinentale, il Hwasong-15, è più potente dei suoi predecessori anche se, per il momento, non è chiaro se possa o meno essere in grado di trasportare un ordigno nucleare in un eventuale viaggio transoceanico verso gli Usa. Di sicuro, però, la gittata dell'H-15 sembra essere perfettamente in grado perlomeno di coprire la distanza. Da Pyongyang ne sono convinti, annunciando trionfalmente di essere “ormai una potenza nucleare” e che, dalla Penisola coreana, “possiamo colpire tutto il territorio degli Stati Uniti”.

Calma apparente

A quanto pare, i segnali radio captati dal Giappone nella giornata di ieri, e che inizialmente erano stati interpretati sia come un allarme legato a un possibile test, sia come un regolare addestramento militare, in un certo senso si sono rivelati profetici: i 75 giorni di relativa calma mostrata dal regime nordcoreano, fatta eccezione per la caccia al disertore che aveva provocato lo sconfinamento di un soldato in corrispondenza della linea demilitarizzata, sembrano essere stati nient'altro che un lasso di tempo impiegato per applicare miglioramenti e rifiniture al super-missile. Del resto, all'indomani del suo inserimento nella lista nera degli Stati che favoriscono il terrorismo internazionale da parte di Washington, la Corea del Nord aveva accolto la notizia come una provocazione, senza comunque mostrare segni di particolare inquietudine.

Tensione in salita

Tutta apparenza a quanto pare. Il missile lanciato da Pyongyang, il quale ha viaggiato fino a 4 mila chilometri di altezza e per oltre 50 minuti prima di inabissarsi nel Mar del Giappone, è la riprova di come l'azione diplomatica per allentare la tensione nel Pacifico orientale sia stata tutt'altro che accolta da Kim. E, mentre dal Paese asiatico si annuncia l'entrata nel novero delle potenze nucleari, dagli Stati Uniti arriva la risposta secca del presidente Trump: “E' una minaccia, ce ne occuperemo”. Frase pronunciata poco prima della rivendicazione del regime e, probabilmente, discussa nel corso della successiva telefonata con il premier giapponese Shinzo Abe. Per il momento, nonostante la Corea del Nord abbia “compromesso la propria sicurezza” e provocato il suo “ulteriore isoalmento dalla comunità internazionale”, restano sul tavolo tutte le opzioni per risolvere la crisi. La notizia di una testata in grado di raggiungere gli Stati Uniti non ha lasciato indifferente lo staff della Casa Bianca, per la quale l'obiettivo, comunque, resta la risoluzione diplomatica. Una soluzione che, però, deve passare per l'aumento della pressione della stessa comunità internazionale su Pyongyang, e che vada ben al di là delle già previste sanzioni Onu.

Mattia Damiani

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