L'inviato speciale nordcoreano negli Stati Uniti, incaricato di condurre le trattative sul nucleare, sarebbe stato giustiziato per spionaggio nell'ambito delle “purghe” che sarebbero state avviate da Kim Jong-un dopo il fallimento del vertice di Hanoi con Donald Trump.
Secondo quanto riferito da una fonte anonima a Chosun Ilbo, il più importante quotidiano sudcoreano, Kim Hyok-chol (il mediatore) sarebbe stato ucciso da un plotone d'esecuzione lo scorso marzo nei pressi dell'aeroporto Mirim di Pyongyang, capitale della Corea del Nord. L'accusa è quella di aver “cospirato con gli imperialisti americani per tradire il leader supremo”. Della repressione sarebbero rimasti vittime anche 4 funzionari nordcoreani.
Si tratta di notizie che il quotidiano riporta senza poter svelare la fonte. Per cui ci si trova ancora nel campo delle ipotesi e delle voci. Il governo sudcoreano, da parte sua, non ha confermato né smentito l'indiscrezione. Pyongyang, invece, negli ultimi mesi non ha dato alcuna comunicazione su epurazioni ed esecuzioni. Il contesto è complesso: la Corea del Nord (non a caso chiamata “Stato eremita“) è il Paese più isolato al mondo, per cui le agenzie di intelligence estere non sempre riescono a interpretare cosa avvenga all'interno di realtà strettamente sorvegliata dall'apparato di Kim.
Per settimane al governo americano sono arrivate voci riguardanti l'esecuzione di funzionari sudcoreani. Il segretario di Stato Usa, Mike Pompeo, nel corso di in una conferenza stampa tenuta a Berlino lo scorso venerdì, ha spiegato che Washington sta verificando se la cosa sia effettivamente avvenuta. Da tempo, però, gli analisti sudcoreani sospettano che il regime stia lavorando alle epurazioni. Sintomatico, sotto questo aspetto, un articolo uscito su Rodong Sinmun, quotidiano di riferimento del Partito operaio (al potere in Corea del Nord) nel quale si fa riferimento a condotte “anti-partito e anti-rivoluzionarie” di alcuni funzionari che “fingono di lavorare per il leader supremo ma in realtà coltivano altre aspirazioni alle sue spalle“. Questi personaggi, avverte il giornale, “non sfuggiranno al severo giudizio della rivoluzione”.
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