Terminati gli scrutini, nulla sembra essere cambiato nella Repubblica di Moldavia: l’eterna oscillazione tra Russia ed Occidente continua senza che il Paese riesca a posizionarsi senza indugi in uno dei due blocchi. Per effetto della legge elettorale da poco approvata, infatti, né il Partito Socialista (il PSRM, di fatto vincitore con il 31% dei voti) né i democratici del petroliere Vladimir Plahotniuc (PDM, fermo al 24%) hanno, di fatto, ottenuto i numeri per poter governare autonomamente. Il Presidente “filorusso” Igor Dodon non ha escluso una nuova imminente tornata elettorale per evitare l’ingovernabilità nel Paese più povero d’Europa, afflitto dai tipici problemi identitari e sociali delle realtà post-sovietiche. Da tempi non sospetti sia l’Europa che la Nato monitorano la questione moldava, in un Paese dove la faglia tra Oriente ed Occidente ha prodotto diverse anomalie politiche: la Repubblica di Transnistria, in primo luogo, una vera enclave russa in territorio de iure moldavo ma de facto controllato da una divisione dell’esercito russo di stanza a Tiraspol, una striscia di terra nella quale è possibile ammirare un “revival” della vecchia realtà sovietica. Senza contare, dal lato opposto, il processo di costante“rumenizzazione” del Paese fortemente voluto in ottica pro-occidentale.
Anche culturalmente e linguisticamente, infatti, la Moldavia è un Paese diviso tra russofoni e rumenofoni, così come qualsiasi decisione di tipo politico si sviluppa lungo l’asse Russia-Occidente, con la componente filo-rumena fortemente orientata verso la totale assimilazione politica delle regioni della Bessarabia storica. Mosca, dal canto suo, tiene la situazione sotto controllo per evitare che un ulteriore Majdan provi a scalzare Dodon dal suo scranno, temendo il ripetersi di uno scenario di guerra civile che ha sconvolto la Moldavia durante i terribili anni ’90. Il partito socialista attualmente in corsa risulta essere la forza più timidamente filorussa, contraria ad una virata verso Occidente nonché alla rumenizzazione del Paese, fortemente caldeggiata negli ultimi mesi dalle forze di destra. Il fronte più filo-occidentale, inoltre, risulta essere spaccato, diviso proprio sulla discussa figura di Plahotniuc, il quale stando ai suoi detrattori avrebbe messo in piedi un “regime oligarchico”. In questo contesto, evitare lunghi periodi di vuoto di potere è d’obbligo: non è possibile stabilire, infatti, quanto sia durevole la tenuta della politica “neutrale” fortemente voluta da Dodon, Presidente che ha reso la Moldavia sia primo Paese osservatore dell’Ue di Putin ma anche protagonista di un piano di partenariato individuale con la Nato.
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