Uno studente tibetano di 22 anni si è dato fuoco davanti agli uffici della polizia della contea di Tsoe per protestare contro il dominio cinese nella regione. Nonostante i tentativi effettuati dagli operatori medici intervenuti, non c’è stato nulla da fare: Lhamo Tashi è morto sul posto, gridando slogan a favore del Dalai Lama. Una fonte locale racconta che “Tashi si è immolato per la libertà del Tibet ed è morto durante il rogo. In un primo momento le autorità hanno confiscato il cadavere e non hanno voluto farlo vedere ai genitori – prosegue – ma, il giorno dopo la morte, lo hanno riconsegnato alla famiglia”.
Tashi è la 132esima persona, dal 2009 a oggi, che sceglie di uccidersi per protestare contro il governo cinese. Una forma estrema di contestazione, condannata dallo stesso Dalai Lama. Nel giugno del 2013 il leader spirituale ha anche sottolineato che le auto-immolazioni “non hanno un grande effetto” sulle politiche cinesi per il Tibet e ha chiesto a Pechino di “cercare di comprendere le cause profonde di questa protesta”. Per la sua lotta non violenta contro il regime cinese, è stato insignito del Premio Nobel per la Pace nel 1989. Recentemente, in occasione della visita del Presidente cinese in India, il Dalai Lama ha giudicato Xi Jinping “più aperto di spirito” del predecessore Hu Jintao perché “L’approccio di Xi Jinping è più realista, più aperto di spirito”.
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