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Dopo la morte di Goto una ventata islamofobica travolge il Giappone

L’atroce decapitazione del reporter giapponese cristiano Kenji Goto Jogo per mano dei terroristi dello stato islamico ha scatenato un’ondata islamofobica nel Sol Levante. Negli ultimi giorni due moschee della prefettura di Aichi hanno ricevuto numerose telefonate, lettere e mail minatorie, in cui si annunciano ritorsioni per la morte del connazionale e definiscono l’islam “spazzatura dell’umanità”. Nei messaggi dei giapponesi si legge anche: “I musulmani sono nemici del Giappone”, “Vi uccideremo tutti”. I luoghi di culto non hanno sporto denuncia ufficiale contro ignoti, ma fanno appello alla popolazione per chiedere solidarietà.  Inoltre il portavoce della moschea Nagoya, Abdul Wahab Qureshi, ci tiene a precisare: “Siamo del tutto diversi da quel gruppo di terroristi. Spero che la popolazione non si sbagli e non ci confonda con loro”.

La presenza musulmana in Giappone è minima, infatti si attestano all’incirca 100mila persone in tutto il Paese, a cui si aggiungono altri 70 mila di nazionalità diversa, e i luoghi di culto sono circa 100, con 35 moschee. Ma dopo le vicende dell’ultimo mese la presenza sembra diventata troppo ingombrante. Dal punto di vista storico, l’arrivo degli islamici nell’impero del Sol Levante è piuttosto recente, risale infatti al XVIII secolo, ma la comunità si è distinta nel tempo per la sua fedeltà, a volte giudicata eccessiva, nei confronti dell’imperatore e del Paese. Infatti, durante il periodo delle varie occupazioni nipponiche in Asia, i musulmani giapponesi si arruolarono in massa, offrendosi come “traduttori e ponti culturali” verso le comunità islamiche dei paesi sottomessi da Tokyo.

Claudia Gennari

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