I primi di giugno Theresa May presenterà alla Camera dei comuni un nuovo piano per la Brexit. Una “ultima chance” per i deputati, ha detto, per non uscire dall'Ue senza accordo con Bruxelles. “Stiamo facendo una nuova offerta per trovare un compromesso in Parlamento. E' l'unico modo di ottenere la Brexit”, ha spiegato in un discorso a Londra in cui ha anticipato che nel testo ci sarà anche la possibilità, per i parlamentari, di approvare un secondo referendum sull'uscita dall'Unione europea.
Nell'Eu Withdrawal Agreement Bill che la premier presenterà ai Comuni ci saranno quindi numerose concessioni, dopo i tre voti negativi della Camera su altrettanti testi basati sempre sullo stesso accordo definito da Londra e Bruxelles. Oltre al voto dei Comuni sulla possibilità di convocare un secondo referendum sulla Brexit prima della ratifica dell'accordo, May promette garanzie sui diritti dei lavoratori, che dovranno essere “non meno favorevoli” di quelli previsti all'interno dell'Ue, garanzie che non siano diluite le norme a protezione dell'ambiente.
Inoltre, l'impegno del governo a individuare entro il 2020 una soluzione alternativa al backstop irlandese, come viene definita la possibilità di lasciare lo status quo per un periodo non precisato al confine fra Irlanda del Nord e Irlanda. La premier ha ribadito di non essere favorevole alla convocazione di un secondo referendum, ma ha detto di aver preso atto della posizione “genuina e sincera” sulla questione registrata in parlamento.
Niente di tutto questo, a ogni modo, sembra aver convinto gli avversari, reduci da una sessione di colloqui terminata nel peggiore dei modi nonostante fosse stata avviata con uno scopo risolutore. Anzi, Jeremy Corbyn utilizza un linguaggio colorito per dire la sua sulla proposta in arrivo da May, definendola “una rimasticatura di quanto già discusso” e affermando di non vedere “come possa passare in Parlamento”. Dichiarazioni che non solo rendono ufficiale l'ostilità dei laburisti ma anche la probabile quarta bocciatura perché, a meno di un clamoroso astensionismo, il voto negativo dei Lab sarebbe decisivo. Da valutare, a ogni modo, la non granitica coesione del partito di Corbyn. Sul fronte Tory la situazione non è migliore: la ventilata opzione del nuovo referendum ha fatto storcere il naso a molti (non solo ai falchi) e alimentato qualche malumore, con alcuni ministri a lasciar trapelare scarso ottimismo sul fatto che il quarto voto si tenga davvero, altri che a votare non sia proprio il caso di arrivarci. Un leitmotiv che, a questo punto, rende quella di May quasi una lotta con i mulini a vento. Lei comunque, sostenuta dai suoi fedelissimi, non molla: l'obiettivo è far votare il quarto accordo puntando sulla progressiva riduzione dei pareri negativi e, in caso, sul proporre al Parlamento un voto ulteriore, per decidere se tornare a interpellare nuovamente il popolo britannico. Ma in quel caso, sarà da capire a chi sarà affidato il nuovo corso Brexit e, soprattutto, a quando il tutto sarà posticipato.
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