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Bolivia, scontri tra polizia e manifestanti: 8 morti

Non accenna a diminuire l'escalation di proteste che si stanno verificando in Bolivia. L'ultimo bilancio aggiornato parla di otto persone morte e almeno 75 feriti in uno scontro tra manifestanti pro-Evo Morales e soldati e polizia nella città boliviana di Sacaba, vicino a Cochabamba, nel centro del Paese. E' quanto ha riferito il direttore dell'ospedale cittadino Guadalberto Lara. La maggior parte delle vittime – ha aggiunto – sono state raggiunte da colpi di arma da fuoco. Migliaia di manifestanti, in gran parte indigeni, si erano radunati a Sacaba fin dalle primo ore del mattino, manifestando pacificamente. Gli scontri sono scoppiati quando un folto gruppo di manifestanti hanno tentato di attraversare un checkpoint militare vicino a Cochabamba, dove sostenitori e avversari di Morales si sono affrontati per settimane. 

Uso eccessivo della forza

La Commissione interamericana dei diritti umani (Cidh) ha condannato “l'uso sproporzionato” della forza di polizia e militari nella repressione delle manifestazioni di Sacaba. Via Twitter la Cidh ha ricordato che “le armi da fuoco debbono essere escluse dai dispositivi utilizzati per il controllo delle proteste sociali”. L'ente umanitario ha inoltre ribadito che lo “Stato ha l'obbligo di assicurare il diritto alla vita e all'integrità fisica di quanti protestano pacificamente”. 

Morales: fermino il massacro

Nel frattempo, il presidente dimissionario Evo Morales ha rivolto un appello alle forze armate e alla polizia affinché “mettano fine al massacro“. IN riferimento ai suoi sostenitori uccisi negli scontri, Morales – via Twitter – ha sostenuto che “l'uniforme delle istituzioni della Patria non può macchiarsi con il sangue del nostro popolo”. In un altro messaggio, il leader boliviano ha “condannato e denunciato davanti al mondo che il regime golpista che ha preso il potere assaltando la mia amata Bolivia reprime con proiettili delle forze armate e della polizia il popolo che reclama la pacificazione e restaurazione dello stato di diritto”. 

Manuela Petrini

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