Faleh al-Fayad, comandante dell'Unità di mobilitazione popolare – le milizie sciite filo-iraniane affiliate all'esercito di iracheno, decisive per la vittoria sull'Isis – è stato licenziato dal premier Haider al-Abadi.
Il primo ministro ha accusato l'alto ufficiale di “essere coinvolto in affari politici di parte, che violano le regole di neutralità a cui sono obbligati i membri delle forze di sicurezza e dell'intelligence”. Al-Fayad è stato anche licenziato come consigliere per la sicurezza nazionale.
Il 62enne al-Fayad è stato eletto in parlamento tra le fila della coalizione del premier, l'alleanza al-Nasr, ma lo stesso Abadi sospetta che negozi alle sue spalle con l'alleanza Fatah, arrivato secondo alle elezioni del 12 maggio.
Le Unità di mobilitazione popolare sono un raggruppamento di milizie armate in gran parte legate all'Iran, la cui nascita si fa risalire alla chiamata alle armi dell'ayatollah sciita iracheno Ali al-Sistani che, dopo il dileguarsi dell'esercito regolare a Mosul, chiamò a raccolta la popolazione per combattere contro l'Isis. Dal punto di vista legale, furono istituite con il decreto firmato nel 2014 dall'allora primo ministro Nouri al-Maliki, che, in contrasto con la costituzione in vigore nel paese, legittimò l'esistenza di questo corpo paramilitare. Nel febbraio 2016 poi, con l'ordine esecutivo numero 91, queste unita' furono inquadrate come entita' stabili ma indipendenti all'interno delle forze di sicurezza irachene. Questa compagine militare si compone di circa 140mila combattenti, quasi esclusivamente di fede sciita, anche se non mancano eccezioni, con gruppi sunniti, yazidi o cristiani. A dicembre, la Commissione elettorale irachena aveva fatto sapere che il personale delle forze di sicurezza, così come quello delle Unità di mobilitazione popolare avrebbe potuto partecipare alle operazioni di voto.
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