Il furano è una sostanza chimica cancerogena, poco conosciuta attualmente ma molto presente negli alimenti e in grado di recare danni gravi, in particolare al fegato. Potrebbe essere presente sia nei cibi rivolti ai bambini (alcune zuppe già pronte e alcuni omogeneizzati) sia in altri prodotti, tra cui caffè, preparati con cereali, pane tostato, birra e succhi di frutta. Le modalità di preparazione e di cottura di tali cibi possono determinare un aumento o una diminuzione del furano presente. Il riscaldamento eccessivo degli alimenti, insieme alla produzione e in casa, comporta, in genere, un aumento dei rischi.
L’esposizione al furano è molto subdola sia perché riguarda tutte le fasce di età, compresi i più piccoli, sia per la gravità degli effetti che può arrecare, sia per la sua “trasversale” pericolosità che abbraccia diversi elementi comuni, come vitamina C, grassi, carboidrati, aminoacidi e alligna.
L’allarme giunge anche dall’Efsa (European food safety authority), l’Autorità europea per la sicurezza alimentare, nata nel 2002, come agenzia dell’Unione europea, con sede a Parma e con il compito di monitorare e avvertire sui rischi riguardanti l’alimentazione. Su questo concordano pure gli esperti del Jecfa (Joint expert committee on food additives), un comitato congiunto di esperti di Fao e Oms.
Il caffè, purtroppo, rivestirebbe il ruolo di maggior imputato riguardo il contenuto di furano. La torrefazione (dunque l’alta temperatura) contribuirebbe ad aumentare la presenza di questa sostanza. La preparazione tanto con la moka che con le moderne macchinette (a capsule o cialde) non escluderebbe i rischi. L'unico antidoto sarebbe un cambio delle abitudini, sforzandosi di consumare la bevanda fredda o dopo averla conservata per qualche ora nel thermos, abbattendo così la portata cancerogena della sostanza. E' la volatilità, infatti, il tallone d'Achille del furano. Il condizionale è d'obbligo visto che gli studi, come risultato del trattamento chimico del cibo e del relativo rischio cancerogeno per il fegato, non sono ancora completi.
I produttori di caffè, attraverso il Comitato Italiano del Caffè, da parte loro difendono il proprio prodotto, smentendo che le sperimentazioni sui roditori abbiano lo stesso effetto sull’uomo e ricordando come il consumo della bevanda prevenga, invece, altri tumori (carcinoma) al fegato. Rammentano i benefici della caffeina sul corpo umano, in regime di corretta alimentazione e ribadiscono quanto ha affermato, in precedenza, l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro, che ha inserito il caffè in classe 3, cioè non classificabile come cancerogeno per l’uomo. D'altro canto gli studi del prof. Javier Santos dell’Università di Barcellona dimostrerebbero che le capsule renderebbero più difficile l'espulsione del furano per via aerea: al loro interno se ne troverebbero circa 180 nanogrammi al millimetro, mentre al bar si è intorno a 95 e la caffettiera di casa si attesterebbe a 40. Non è dato sapere, al momento, quanto l’organismo umano sia rapido nell’espellere tali sostanze (non così rilevanti in termini di peso) o se tenda ad accumularle nel tempo.
La presenza del furano in alcuni omogeneizzati e pappe pronte per i neonati è, purtroppo, realtà e lo ha ammesso anche la Commissione europea, invitando a vigilare e ad adottare le possibili contromisure. Tra queste, il “fai da te” dei genitori che sono invitati a scaldare tali prodotti in una padella, a bagnomaria. In tal modo, è possibile far volatilizzare gran parte del furano presente.
I media attuali, tuttavia, tranne qualche richiamo sporadico, sembrano concentrare l’attenzione più su altre malsane (benché conosciute) abitudini alimentari. Con il furano si è ancora in una fase embrionale, decisamente in ritardo rispetto ad altri rischi alimentari; per questo sarebbe opportuno accelerare nella prevenzione e nei consigli. La collaborazione deve giungere anche dal senso di responsabilità del consumatore: in mancanza ancora di dati precisi ma con la certezza del pericolo cancerogeno del furano, è auspicabile, per esempio, rinunciare a una cottura elevata di patate fritte, di frittelle o di tostatura del caffè e al relativo consumo. In tal caso, i commensali si priverebbero di un sapore più gradevole ma si ridurrebbe, nettamente, la presenza di sostanze cancerogene (maggiore nei cibi cotti e compressi negli involucri).
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