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Meno lavoro con uguale salario!

La nuova premier finlandese, Sanna Marin, trentaquattrenne, affronta con decisione il problema della riduzione dell’orario di lavoro, proponendo 24 ore settimanali con sei ore al giorno, per quatto giorni di lavoro. La sua tesi è che la forte robotizzazione e digitalizzazione dei mezzi di produzione, permette agli imprenditori di avere buoni margini di lavoro al punto da mantenere inalterati i salari anche con orari ridotti. La sua tesi è che persone che possono trascorrere più tempo con la famiglia e dedicarsi maggiormente ai propri hobby, sono più produttivi perché più felici e rilassati. In Finlandia le ore medie lavorate settimanalmente sono già solo trenta, dunque più facili da ridurre ulteriormente. Che dire? Di fronte a tale prospettiva con motivazioni per nulla infondate, si può affermare che il primo ministro finlandese ha proposto un grande ed impegnativo programma di governo. D’altro canto, la condizione economica del Paese è buona e ben collocata nella Unione Europea: il Pil si aggira sul 2,5%, la disoccupazione è sul 5,5%, il reddito pro capite è superiore del 16% alla media europea, il debito pubblico si aggira a circa la metà del prodotto interno lordo di un anno, industria e servizi avanzati i suoi punti di forza. Insomma, un esperimento fattibilissimo. Ma questo tema non può riguardare solo i finlandesi: è il tema che riguarda e riguarderà  ogni popolo con una economia avanzata; riguarda innanzitutto l’Europa, Italia compresa. Ci sono molte ragioni per porsi un obiettivo così cruciale per rivedere ordine economico e sociale. Lo sviluppo digitale ha pervaso ogni attività umana, così come la organizzazione del lavoro ed i rapporti tra utili ed investimenti dell’impresa. Ma i contratti e le leggi, oltre alla cultura del lavoro, sono rimasti ancorati al tempo passato. Fa parte dell’ordine naturale delle cose prendere atto del cambiamento e ridurre gli orari a parità di salario. Ma nell’era digitale, calcolare il lavoro per ore lavorate, sarà sempre più una pratica dalla improbabile efficacia, in quanto la velocità ed intelligenza applicata ad operazioni operate on line, aldilà di spazio e tempo, ci riporta all’epoca pre fordista, con la valutazione dell’opera svolta in sè; come un lavoro svolto da un artigiano: non si calcola il valore in ore lavorative, ma per il prodotto finito. Prendiamo ad esempio il lavoro prodotto in regime di ‘smartworking’. Non è un caso che è sviluppatissimo in Italia nel rapporto di lavoro autonomo, mentre risulta molto residuale in Italia nel lavoro dipendente. Questo non significa che nel lavoro dipendente non sia possibile; il problema è che non è  ancora sufficientemente regolamentato. È vero che ci sono lavori e lavori, ma le questioni di cui stiamo parlando sono già adesso molto presenti nella realtà; nel futuro prossimo sarà la modalità più diffusa. Quindi se l’impresa dovrà cambiare per organizzarsi e per essere più efficace, i lavoratori dovranno potenziare ed aggiornare continuamente la propria professionalità ed istruzione. Inoltre, il caso finlandese dice al nostro legislatore, associazioni imprenditoriali e lavoratori, di saper guardare avanti nel prospettare soluzioni in linea con i tempi in cui viviamo. 

 

Raffaele Bonanni

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