Sono 230 le organizzazioni non governative, molte femministe, che la scorsa settimana hanno lanciato una petizione all'Onu contro l'utero in affitto. L’iniziativa è partita da 134 donne spagnole che hanno già chiesto al loro governo di mettere fine a una pratica che, nelle loro parole, “costituisce una grave violazione dei diritti umani e della dignità delle donne e dei minori, una forma di sfruttamento riproduttivo delle donne e che converte i neonati in un oggetto di transazione contrattuale e commerciale”.
Come riferisce Il Corriere della Sera, dalla Spagna, da dove è partita la campagna, alla Francia passando per Svezia, Italia, Regno Unito, Belgio, Germania, Olanda, Canada, Australia, Messico, Argentina, Repubblica Dominicana, India, Thailandia, Cambogia, Stati Uniti le firmatarie chiedono ai capi di Stato e di governo presenti a New York di “esprimersi pubblicamente a favore dei diritti delle donne e dei bambini, per la messa al bando dell’utero in affitto”. I governi dovrebbero anche togliere i fondi a quelle agenzie dell’Onu che appoggiano la legalizzazione dell’utero in affitto, la cosiddetta surrogata altruistica, in particolare il Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione (Unfpa) e l’ufficio dell’Alto Commissariato per i Diritti Umani (Unhchr)”.
Il comunicato ribadisce – spiega ancora il Corriere della Sera – che le madri surrogate corrono “un rischio fisico e psicologico” mentre “i bambini vengono privati del diritto a conoscere le loro origini”. E si legge ancora: “Il desiderio di diventare madre o padre di bambini che abbiano un legame genetico non è un diritto né tantomeno un diritto umano. I desideri non sono automaticamente diritti umani”. Secondo le organizzazioni femministe firmatarie, tra cui per l’Italia Se non Ora quando libere e Arcilesbica, il business multimilionario dell’utero in affitto viola 5 convenzioni internazionali, quella per l’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne (Cedaw) (art. 7-9 e 35), quella per sopprimere la schiavitù, quella per i diritti del bambino (art. 2 e 3) e il protocollo addizionale alla convenzione contro il crimine organizzato.
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