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Riapertura a settembre delle scuole, Gissi (Cisl): “Non tutte le aule consentono di ospitare gli alunni in sicurezza”

Si potrà tornare a scuola a settembre? Si riuscirà a predisporre tutte quelle misure di sicurezza necessarie? Sono queste le domande che tutti, a partire dai genitori e dagli stessi studenti, tutti si stanno ponendo. Restano tanti i dubbi, sopratutto quelli legati al livello di attenzione dedicati agli aspetti igienico-sanitari che, negli ultimi mesi abbiamo scoperto essere di fondamentale importanza nel contrasto al coronavirus.

Il questionario sulla scuola

Il portale Skuola.net, ha elaborato un questionario al quale hanno risposto oltre 25mila alunni di scuole medie e superiori che hanno dipinto un quadro abbastanza disastroso. E’ emerso che meno di due studenti su tre giudicano sufficiente lo stato in cui versavano i bagni della propria scuola, solo il 6% dice che erano sempre puliti; per 1 su 10, al contrario, erano perennemente sporchi. Oltre un terzo dei ragazzi (35%) non avrebbe mai visto il sapone fare la sua comparsa nei bagni di scuola (e un altro 21% lo trovava raramente). Ancora peggio al Sud: qui la carenza di sapone colpiva 7 alunni su 10 (il 20% di frequente, il 51% sempre).

La protesta dei presidi

Nel frattempo, alcuni presidi hanno dato vita a una protesta dopo aver ricevuto una Pec del Dipartimento per le risorse umane del ministero dell’Istruzione. Come riporta La Repubblica, in un documento di 34 pagine vengono annunciati i finanziamenti disponibili per ogni scuola: una media di 38 mila euro a istituto. Inoltre, nella mail vengono spiegati i compiti a cui i singoli presidi dovranno provvedere: acquistare i termoscanner, i materiali per la sanificazione, identificare aree verdi e attrezzarle, risistemare gli spazi esterni, smaltire i rifiuti, anche quelli speciali, far partire gli appalti per l’edilizia interna, cambiare gli arredi e acquistare o noleggiare tablet e hardware. Una mission impossible, secondo i presidi, che pensano che a queste condizioni non sarà possibile riaprire a settembre.

L’intervista

Per fare il punto sulla presunta riapertura delle scuole a settembre, il nodo precari, le condizioni strutturali degli edifici scolastici, Interris.it ha intervistato Maddalena Gissi, segretaria generale Cisl scuola.

Siamo quasi alla fine dell’anno scolastico e a causa del Covid per gli studenti non è stato possibile tornare in classe. Crede che ci siano le condizioni per farlo a settembre?
“Quella che stiamo vivendo, ormai purtroppo da mesi, è per la scuola una condizione del tutto innaturale, che ci priva di una dimensione fondamentale per il nostro lavoro, fatta di relazioni dirette fra docenti e studenti, e soprattutto impedisce quei rapporti di socialità che solo una diretta presenza consente di vivere pienamente e che sono fattore importantissimo nei processi di maturazione e di crescita ma che giocano un ruolo importante anche nei processi di apprendimento. Ho già avuto occasione di dirlo anche in questa sede, credo che la didattica a distanza, attivata immediatamente con generosità e intelligenza da un corpo professionale che ha dato prova di grande senso civico, sia stata una risorsa preziosa per far fronte a un’emergenza inedita e imprevista: in molti casi si è anche dovuto colmare qualche ritardo nei livelli di competenza richiesti da modalità mai fino ad allora praticate in modo generalizzato, ma davvero abbiamo assistito a un impegno generalizzato che ha fatto immediatamente di qualche maldestra polemica in fase di avvio. Purtroppo non è bastato, questo impegno, a rimuovere ostacoli insormontabili, rappresentati dalle carenze di strumentazione facilmente prevedibili, documentate ampiamente dai dati ISTAT e solo in parte compensate dall’intervento economico, pur consistente e tempestivo, messo in atto dal Governo e dal Ministero. Ciò ha finito per aggravare squilibri e disomogeneità purtroppo già presenti nei diversi contesti territoriali e sociali. Ecco perché abbiamo bisogno di restituire quanto prima la scuola alla sua vera dimensione, diversamente il problema della povertà educativa, nella situazione di difficoltà e di emergenza che viviamo ora, rischia di aggravarsi. Ci sono le condizioni per farlo a settembre? Vanno costruite e sappiamo che non sarà un compito facile, non potendoci limitare semplicemente a riaprire le aule, ma dovendo assicurare il rispetto di misure che garantiscano tutti dai rischi di contagio. Sottolineo tutti, perché dev’essere ben chiaro che in gioco non c’è solo la salute degli insegnanti e del personale scolastico, cosa di cui un sindacato ha comunque il preciso dovere di preoccuparsi, come è avvenuto e avviene giustamente per ogni settore lavorativo. Ci vuol poco a capire che rimettere in moto un sistema che coinvolge oltre dieci milioni di persone, fra alunni e addetti, chiamati a condividere per più ore al giorno spazi chiusi, ma anche a spostarsi da casa a scuola e viceversa, produce un impatto di dimensioni enormi per tutta la collettività, non solo per i nuclei familiari direttamente conviventi con gli alunni”.

Sarà possibile garantire a tutti un’attività scolastica in presenza?
“Alcuni dati di una nostra ricerca fatta nei giorni scorsi, interpellando più di 3.500 fra componenti delle RSU e dirigenti scolastici, ci dicono la difficoltà del compito. Ne cito solo uno: la capienza delle nostre aule consente di ospitare in sicurezza, cioè applicando i criteri di distanziamento fra i banchi, meno di dieci alunni nel 32% dei casi, e un numero compreso tra 10 e 15 nel 52,8%. Solo una minima percentuale delle aule ne potrebbe accogliere un numero maggiore. Se si vuole garantire a tutti, come noi chiediamo, un’attività scolastica in presenza, lo si potrà fare soltanto con classi di dimensioni ridotte, impensabile farlo con le cosiddette classi pollaio. Impossibile che ciò avvenga senza avere a disposizione, almeno temporaneamente, un congruo numero di insegnanti in più. Ma lo stesso vale per altre figure, il cui fabbisogno crescerà enormemente: parlo dei collaboratori scolastici, per quanto riguarda le attività di pulizia, di controllo degli spazi e dei movimenti, di assistenza a cura specie per le fasce d’età più basse”.

Insieme alle altre 4 grandi sigle sindacali di settore avete proclamato lo stato di agitazione per l’insoddisfazione per l’accordo sui precari. Cosa andrebbe migliorato?
La questione del precariato e della soluzione pasticciata su cui si è ricompattala la maggioranza di governo non è il solo motivo di una protesta che riguarda anche le questioni di cui ho già parlato. Alle quali peraltro va ricondotta anche la questione precari: non soltanto serve in questa emergenza avere più personale, sarebbe anche necessario avere una stabilità del lavoro che è la condizione per poter organizzare e gestire in modo ottimale le attività. Dovremmo essere in grado di avere tutti pronto a entrare in azione il 1° settembre, per reggere l’urto di un’organizzazione del lavoro sicuramente più complessa del normale. Invece aver respinto la proposta sindacale di assumere una quota di precari, quelli da più anni in servizio, con un concorso per soli titoli che si poteva completare in tempi rapidissimi, ci farà solo battere il record di contratti a tempo determinato, che potrebbero superare la quota 200.000. La protesta dei sindacati riguarda però, più in generale, il livello insufficiente delle risorse destinate alla scuola nel decreto rilancio: 1 miliardo e mezzo, quando non basterà un miliardo per acquistare i dispositivi di protezione, mentre ne servirebbero almeno tre per assumere temporaneamente il personale in più che sarebbe necessario. Noi siamo ben consapevoli delle condizioni drammatiche generate dalle ricadute della pandemia sul sistema economico e produttivo, e delle ingenti risorse che nei prossimi mesi si dovranno impiegare per far fronte a un disagio sociale che rappresenta un’evidente priorità: ma siamo convinti che anche la scuola debba essere considerata tale, perché ne ha bisogno il Paese e soprattutto le fasce sociali più deboli”.

Parliamo degli esami di maturità: si riuscirà ad adottare tutte le misure di sicurezza necessaria per tutelare insegnanti, studenti e il personale di servizio?
“Gli esami di maturità sono sicuramente un primo importante test, anche per quanto riguarda il metodo seguito per definire le condizioni di un loro svolgimento in sicurezza. Regole fissate dal Comitato Tecnico Scientifico sulla base dell’elevato grado di competenze di cui dispone, un protocollo di intesa con le parti sociali che individua sedi precise di monitoraggio a diversi livelli, dal centro alle singole istituzioni scolastiche. Detto che le decisioni definitive sullo svolgimento in presenza sono legate alla verifica dell’andamento dei dati epidemiologici, e che in ogni momento se necessario si potrà adottare una modalità a distanza, credo che si siano poste le premesse per uno svolgimento in presenza in piena sicurezza, come è negli auspici di tutti. Approfitto per dire che tutti noi avremmo desiderato poter concludere un anno scolastico così anomalo incontrando per un saluto i nostri alunni, soprattutto quelli delle classi terminali: se non lo si fa, è perché lo si considera un rischio da non correre in questa fase: ce lo ha detto il Comitato Tecnico Scientifico. È stata quindi davvero infelice, ma l’aggettivo potrebbe essere più pesante, la battuta del sindaco di Firenze per il quale, siccome sono pagati, “gli insegnanti qualche rischio se lo possono prendere”. Un’uscita che stupisce e preoccupa, per la superficialità che un sindaco non dovrebbe permettersi, oltre a suonare gravemente offensivo per una categoria di lavoratori implicitamente tacciata di pavidità”.

Gli edifici che ospitano le scuole non versano proprio in buona salute. Di chi è la responsabilità? Si riusciranno a fare interventi di ristrutturazione prima si una possibile riapertura a settembre?
“È ben nota la condizione in cui versano in gran parte le nostre strutture scolastiche, anche se non sono mancati negli ultimi anni interventi sull’edilizia scolastica per i quali sono state destinate risorse significative. È un campo, questo, su cui vi sono competenze e responsabilità precise da parte degli enti locali, credo che in vista di una riapertura delle scuole sia proprio a questo livello che si deve richiedere un sovrappiù di attenzione e di impegno. Peraltro, con un emendamento in sede di conversione del decreto scuola si assegnano a sindaci e presidenti di provincia poteri commissariali per poter eseguire più celermente gli interventi di edilizia scolastica necessari. Non è il momento, insomma, di battute infelici sui rischi che gli insegnanti dovrebbero correre “visto che sono pagati”, ma di un controllo scrupoloso sull’effettiva idoneità dei locali per riaprirne in sicurezza le porte, e a provvedere con urgenza nel caso non lo fossero. Politici e amministratori meno intenti a promuovere la propria immagine, e più impegnati a risolvere concretamente i problemi, sono quello di cui la scuola – ma non solo – oggi avrebbe veramente bisogno”.

Manuela Petrini

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