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Salute, diplomazia, pace: tre sfide della globalizzazione

La salute come priorità in un mondo in cerca di pace. “Salute, diplomazia, pace, tre concetti apparentemente disgiunti, ma tra loro strettamente interconnessi. Questo legame affonda idealmente le sue radici nella storia – ha detto il professor Roberto Cauda nella relazione all’Ambasciata italiana presso la Santa Sede-. Nel medioevo la preghiera era ‘A peste, fame et bello, libera nos Domine’. A ben riflettere, anche oggi questa invocazione è  attualissima, se si contestualizza alla realtà attuale. Abbiamo vissuto la pandemia Covid-19 (pestis), che ha prodotto, per difetto, 700 milioni di contagi e 7 milioni di morti. Ci sono pericolosi focolai di guerra (bellum) che mettono in dubbio l’equilibrio basato sul cosiddetto terrore nucleare, che tra alti e bassi ha assicurato dal 1945 la pace in larga parte del mondo. Da ultimo, la pandemia si è trascinata dietro una crisi economica (fames) che ha ancor di più impoverito le regioni più povere del mondo e che si è fatta prepotentemente sentire anche nei paesi più industrializzati”. Prosegue lo scienziato: “Sembra avverarsi, in peggio, l’allarme lanciato da Bill Gates nel 2015, quando affermava che oggi il rischio di una catastrofe per il genere umano è più legato ad un agente infettivo che alla guerra nucleare (‘non missili ma microbi’). Purtroppo, alla luce dei recenti accadimenti, entrambe le opzioni sono in campo“.

Foto di valelopardo da Pixabay

Salute al centro

Prosegue il professor Cauda: “Nel 1928, in un tempo per molti aspetti assai complesso, dopo il primo sanguinoso conflitto mondiale, Helmuth Plessner, filosofo e studioso di antropologia filosofica ha utilizzato una sola parola per caratterizzare tre secoli. ‘Evoluzione’ per il ‘700, “Progresso” per l’800 e ‘Vita’ per il ‘900. Personalmente ritengo che proprio perché formulato dopo il conflitto mondiale, Plessner abbia voluto sottolineare l’importanza di preservare il bene prezioso della ‘vita’, che rappresenta un valore inestimabile per tutti i popoli, senza distinzione alcuna. A questo proposito, va ricordato che il ‘900, il ‘secolo breve’ secondo Eric Hobsbawn si è caratterizzato per gli straordinari successi della medicina e della scienza che – un esempio tra tanti – ha portato l’aspettativa di vita per gli uomini e le donne ad oltre 80 anni, quando era di poco superiore a 40 anni all’inizio del secolo”. La parola “salute”, secondo lo scienziato, si coniuga perfettamente con il termine “vita”. A questo si dovrebbe aggiungere “qualità della vita”, la cui definizione si deve all’Onu che nel 1954 ha stabilito 12 componenti per valutarla. Tra queste figurano: salute, alimentazione, istruzione, condizione di lavoro, occupazione, diritti dell’uomo.

Il professor Roberto Cauda con don Aldo Buonaiuto, sacerdote di frontiera dalla Comunità Giovanni XXIII

Salute a rischio

“La pandemia Covid-19 ha drammaticamente evidenziato le fragilità del sistema “salute” nel mondo e la necessità di operare in maniera unitaria, sovranazionale per affrontare questo tipo di sfida che è globale- evidenzia il professor Cauda-. Il segreto del successo che ha permesso di superare efficacemente la pandemia è stata la coesione e la trans-nazionalità della scienza che ha superato le barriere culturali ed i pregiudizi politici. Lo scambio di informazioni, come la messa a disposizione da parte dei ricercatori cinesi all’inizio di gennaio 2020 delle sequenze SARS-CoV2 che ha permesso di allestire test diagnostici e vaccini, ne è l’esempio più chiaro ed eloquente“. Si sono così avverate le parole dette da Umberto Veronesi alcuni anni or sono: “La scienza non ha confini né politici, né etnici, né religiosi”. Certamente, sottolinea il consigliere scientifico dell’Agenzia europea del farmaco (Ema), ci possono essere opinioni diverse tra gli scienziati, come è avvenuto nel corso della pandemia Covid-19. “Ma questo fatto è positivo, come ha opportunamente segnalato il filosofo della scienza Dario Antiseri, perché consente di raggiungere la ‘verità’ scientifica, che, vista in chiave popperiana, è sempre provvisoria e suscettibile di miglioramento- avverte Cauda-. Oggi viviamo un periodo cosiddetto inter pandemico e non sappiamo quale sarà la prossima minaccia (l’Organizzazione Mondiale della Sanità l’ha chiamata X disease) né quando questa esploderà. Sappiamo solo, dall’esperienza pregressa e dalla voce di autorevoli epidemiologi come E.K. Marcuse, che essa avverrà e sarà come l’esplosione di una bomba ad orologeria di cui non si conosce il momento in cui è stata programmata per esplodere”.

Foto di Coronel Gonorrea su Unsplash

Laudato si’

Del resto, come affermato dal premio Nobel per l’economia Amartya Sen, sussistono i presupposti perché questo possa avvenire. La riduzione dell’habitat degli animali selvatici può consentire stretti contatti con gli uomini, favorendo il salto di specie (spillover) di agenti patogeni. La globalizzazione permette rapidi spostamenti tra aree lontane del mondo. E quindi consentire il diffondersi di malattie. Da ultimo, il riconoscimento tardivo di una eventuale “nuova” malattia può favorirne la diffusione. Papa Francesco ha ben sottolineato nella sua enciclica Laudato sì la necessità di avere rispetto della natura, come “casa comune”, attraverso una “conversione ecologica” ed un “cambiamento di rotta”,  per assicurare il benessere e la salute delle persone. C’è un termine che echeggia in tutto il mondo ed è “preparedness”, l’equivalente del latino “estote parati” per definire quello che deve essere l’approccio per difendere la “salute” e quindi la “vita” delle persone. Il professor Cauda auspica che i decisori politici, forti dell’esperienza della pandemia Covid-19, collaborino alla stesura di protocolli comuni, accantonando, ove presenti, rivalità e personalismi. La “pace” ha come suo contrario la “guerra”.

Foto di Darko Stojanovic da Pixabay

Strutture sanitarie

“Oggi, questo bene così prezioso, la pace, viene quotidianamente messo in pericolo. E troppi, immemori degli orrori che ha prodotto meno di 80 anni fa, parlano di guerra, come di una ‘possibile evenienza‘, quasi non si trattasse di un’immane tragedia per tutta l’umanità- sostiene lo scienziato-. Una recente pubblicazione di Francois Heisbourg dal titolo molto significativo di ‘Retour de la guerre’ idealmente stabilisce quasi un continuo tra pandemia e tensioni a livello geopolitico. Del resto, esiste un filone storiografico, relativamente recente, che collega l’influenza spagnola (1917-20), che qui possiamo assumere essere l’archetipo di pandemia, come una delle possibili cause che hanno favorito la nascita dei regimi autoritari in Europa dopo la prima guerra mondiale”. Aggiunge Cauda: “Le guerre minano la salute delle persone. Non solo per l’ovvio motivo che esse causano morti in maniera diretta. Ma anche perché determinano il collasso delle strutture sanitarie. E ciò è responsabile della difficoltà, se non dell’impossibilità, ad accedere ai servizi essenziali per la cura e la prevenzione delle malattie. Un esempio tra i tanti possibili, riguarda  la mancanza delle vaccinazioni nelle aree di guerra, il che espone le popolazioni a pericolose epidemie”.

Foto di fernando zhiminaicela da Pixabay

Diplomazia

Un editoriale del maggio 2022 apparso sulla prestigiosa rivista “The Lancet” ha sottolineato come le “malattie infettive” e quindi la pandemia e le “guerre” siano “compagni d’armi”. Questo avviene anche in ragione del fatto che le guerre sottraggono risorse economiche alla sanità. Dal momento che queste vengono impiegate, in maniera esclusiva, per finalità belliche. La “guerra” è la negazione della “vita”, e rappresenta l’ostacolo maggiore alla “salute” sia dei singoli individui che dei popoli. L’opposizione alla guerra per mantenere la pace rappresenta quindi un atto di civiltà e di cultura che deve coinvolgere tutto il mondo in una sorta di benefica pandemia, secondo la logica tomista del “bonum diffusivum sui”. Più volte nel corso di questi ultimi anni (ed anche in occasione di recenti drammatici eventi internazionali) è echeggiato l’auspicio “Tacciano le armi si dia spazio alle trattative diplomatiche”. Purtroppo quando questo avviene, è comunque tardi e la guerra ha già prodotto i suoi devastanti risultati. Con la “diplomazia” si chiude idealmente il cerchio: la “pace”, consente alle persone di poter stare in buona “salute” ed il mezzo perché questo avvenga è rappresentato dalla “diplomazia”.

Giacomo Galeazzi

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