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Pena di morte: perché non dovrebbe più esistere nel XXI secolo

La pena di morte comporta l’esecuzione di una persona che ha commesso un crimine. I crimini punibili con la morte variano a seconda della giurisdizione e i più comuni sono omicidio, stupro, spionaggio e terrorismo. Secondo Amnesty International, nel 2020 sono state registrate non meno di 483 esecuzioni in 18 paesi e c’è stato un calo del 26% rispetto al 2019. Cina, Iran, Egitto, Iraq e Arabia Saudita detengono il maggior numero di esecuzioni segnalate nel 2020 e la Cina continua ad essere il paese in cui vengono effettuate più esecuzioni. Tuttavia, non è possibile accedere a dati precisi in merito alla pena di morte in Cina in quanto è considerata un segreto di stato.

La pena di morte come sanzione legittima?

Alcuni dei motivi per cui si pensa che la pena di morte sia una punizione valida includono:

  • Punizione: i condannati devono necessariamente soffrire in modo commisurato al reato commesso. Pertanto, se si commette un omicidio, la giusta punizione è la morte.
  • Deterrenza: sapendo quale sarà la conseguenza, molti credono che la pena capitale scoraggerebbe gli individui a commettere un crimine.
  • Riabilitazione: si ritiene che le persone condannate, prima di essere giustiziate, abbiano avuto la possibilità di confessare la loro colpa e pentirsi.
  • Prevenzione della recidiva: in alcuni casi gli imputati, una volta usciti dal carcere, hanno commesso nuovamente lo stesso reato per cui erano stati detenuti. Di conseguenza, si ritiene che l’esecuzione sia l’unico mezzo di cui disponiamo per essere sicuri di impedire all’autore del reato di ripeterlo nuovamente.
  • Vendetta: si chiede la pena capitale per rendere giustizia alle famiglie delle vittime.
  • Un incentivo per collaborare con la polizia: se gli autori del reato corrono il rischio di essere giustiziati, si sostiene è più probabile che collaborino con la polizia.

Violazione dei diritti umani, discriminazione e innocenza

Secondo l’articolo 3 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, “ognuno ha diritto alla vita, alla libertà e alla sicurezza”. Inoltre, l’articolo 5 afferma che “nessuno può essere sottoposto a tortura o a trattamenti o punizioni crudeli, inumane o degradanti”. Come affermato dal Segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres, “la pena di morte non ha posto nel 21esimo secolo”. È chiaro che la pena di morte rappresenta una violazione dei diritti umani di una persona.

La pena capitale è stata a lungo criticata per essere discriminatoria in base al gruppo sociale a cui appartiene l’imputato. Ad esempio, in questo studio condotto dalle Nazioni Unite, si osserva che i più poveri sono tra i gruppi maggiormente a rischio: hanno minori possibilità di ottenere un’equa rappresentanza in quanto non possono permettersi un avvocato e rintracciare i testimoni  ha per loro un costo proibitivo.

L’esecuzione errata è un altro motivo per cui la pena capitale non può essere considerata un’opzione valida. Si verifica quando una persona innocente viene condannata a morte. Questo studio osserva che, negli Stati Uniti, almeno il 4,1% delle persone condannate a morte risulta innocente. Questo è stato il caso di Carlos DeLuna che il 4 febbraio 1983, è stato accusato di omicidio e poi giustiziato per aver ucciso un addetto alla stazione di servizio a Corpus Christi, in Texas. Durante il processo, DeLuna ha dichiarato di essere innocente e che, invece, l’assassino era Carlos Hernandez, un uomo che gli somigliava molto. I giudici non lo hanno creduto e lo hanno condannato a morte. Anni dopo l’esecuzione, si è scoperto che Carlos DeLuna aveva detto la verità: Carlos Hernandez era il vero assassino e aveva commesso molti reati simili a quello di cui era stato accusato Carlos DeLuna. Se durante il processo viene commesso un errore, la pena di morte è irrevocabile e viene tolta la vita a una persona innocente.

Beatrice Koci è tirocinante della cooperativa sociale Volunteer in The World

Beatrice Koci

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