Le necessità cliniche
Interris.it ha intervistato al riguardo uno dei più autorevoli infettivologi europei: il professor Roberto Cauda. Direttore dell’ Unità Operativa Complessa (Uoc) del Policlinico Gemelli. E ordinario di Malattie Infettive dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. “Condizioni di salute, immunodisfunzione e prematuro invecchiamento che sono associati alla sindrome di Down possono avere un impatto sul quadro clinico del Covid-19– osserva il professor Cauda-. E’ uno studio internazionale realizzato tra i clinici e i caregivers. Per analizzare le conseguenze della patologia sui soggetti Down positivi al Covid. I dati sono stati raccolti tra aprile e ottobre 2020. E sono stati comparati con un’indagine britannica realizzata negli ospedali”.
Fattori di rischio
Spiega a Interris.it il direttore Uoc del Gemelli: “L’età media dei pazienti Down con Covid è di 29 anni. Non sono emerse differenze nei sintomi, ad eccezione per dolori muscolari, vomito e nausea (meno frequenti nei pazienti Down). Mentre sono più frequenti lo stato confusionale e le alterazioni dello stato di coscienza. I fattori di rischio per la ospedalizzazione e la mortalità erano simili alla popolazione generale. Con l’aggiunta di difetti congeniti cardiaci come fattori di rischio per l’ospedalizzazione”.
Campagna vaccinale da accelerare
Aggiunge l’infettivologo: “La letalità è più elevata tra i Down over 40. L’autorevolezza di questo studio condotto sulle persone con sindrome di Down richiama la necessità di procedere speditamente con le campagne di immunizzazione. Considerando di estendere la vaccinazione prioritaria ai soggetti più deboli e vulnerabili quali sono i disabili. Oltre al criterio anagrafico occorre tenere conto dei fattori che espongono maggiormente a decorsi gravi della malattia. La disabilità si riverbera sulla positività al Sars-Cov-2 come in situazioni di debolezza e ridotta capacità di difesa. Da qui il maggiore impatto del Covid sui soggetti maggiormente vulnerabili”.
Disabilità come priorità
Francesca Di Maolo, presidente dell’Istituto Serafico di Assisi, ha chiesto alle Regioni di “adottare con urgenza interventi correttivi sul piano nazionale di vaccinazione nel quale sono state totalmente dimenticate le persone con disabilità“. Aggiunge Di Maolo: “Ragazzi con gravi patologie e con disabilità complesse per le quali si rende necessario il ricovero in strutture residenziali non possono e non devono più continuare a rimanere invisibili. Comprendiamo la complessità dei problemi legati alla campagna vaccinale e alla scarsità delle dosi. Ma non inserire le residenze socio-sanitarie per disabili tra le priorità è una grave ed inaccettabile scelta che esprime tutta l’incapacità della politica nazionale di prendersi carico delle persone con disabilità. Siamo inoltre molto preoccupati per il ritardo nella consegna dei vaccini da parte delle case produttrici. Ed è di fondamentale importanza che il piano di vaccinazione venga rivisto. E non solo con il criterio delle fasce di età”.
Disabilità: il dramma delle famiglie
Per questo istituti e associazioni dei familiari dei disabili chiedono con urgenza alle Regioni italiane “vicine ai bisogni reali dei cittadini, un intervento correttivo. Perché per tutelare le persone più fragili dobbiamo utilizzare tutte le armi che abbiamo a disposizione. E in questa drammatica emergenza sanitaria, l’arma più importante è il vaccino. Non c’è più tempo, abbiamo bisogno che ci venga data la possibilità di salvare anche le giovani vite che si trovano nelle residenze sanitarie per le loro gravi condizioni salute”.